«Doniamo col cuore», riecco la logopedia

«Doniamo col cuore», riecco la logopedia
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Quando scende in gioco la determinazione di mamme che amano i propri bambini speciali sopra ogni cosa, che vogliono proteggerli, aiutarli nella crescita e integrarli. Allora ogni ostacolo può essere superato. Anche quando questo ostacolo sono i tagli nel settore pubblico e le modifiche dei distretti Asl che hanno sottratto a queste famiglie ghedesi il servizio di terapie logopediche da agosto 2015. E alla fine i genitori del gruppo solidale «Doniamo col cuore», che si occupa dell'integrazione dei bambini disabili e delle loro famiglie, supportati dall'associazione monteclarense «Un sorriso di speranza onlus» presieduta da Nina Arioli ce l'hanno fatta. «Abbiamo vinto una battaglia - hanno commentato - perché crederci che l'unione fa la forza per il bene comune vince sempre! Grazie a tutte le oltre settecento firme a chi ci ha sostenuto e ha creduto in noi».

La vittoria è stata frutto di un lungo percorso: a febbraio i genitori, al culmine della frustrazione e dell'impotenza, hanno deciso di rimboccarsi le maniche scrivendo direttamente al ministro della salute Beatrice Lorenzin e incontrando i dirigenti del nuovo distretto sanitario. Un primo incontro a novembre 2015 con il responsabile della neuropsichiatra infantile di Leno, Benvenuti e direttore generale Saviotti, il 26 febbraio un primo incontro con i nuovi dirigenti, il 16 marzo un secondo con le prime risposte «Sono state esposte tutte le principali problematiche - hanno spiegato i genitori - dalla mancanza di risorse, alla mancanza di comunicazione tra azienda e genitori, alla difficoltà di spostamento che tanti di noi devono affrontare. Infatti dopo la sospensione del servizio nel territorio ghedese, nonostante le ripetute segnalazioni al direttore Asl di Leno (responsabile del distretto Bassa bresciana centrale) per poter accedere alle terapie i bambini e genitori erano costretti a percorrere circa 20 chilometri per raggiungere Pralboino, a cui si rivolgevano anche, oltre a quelli di Ghedi, anche i residenti degli altri Comuni della Bassa bresciana. Un bel disagio, oltre al fatto che non tutti potevano permetterselo e in tanti non erano stati ancora chiamati per svolgere le terapia, generando rabbia, frustrazione ed impotenza.

E poi le lunghe trattative che hanno fruttato un servizio riportato a Ghedi, all'interno del consultorio, ma ridotto in termini di ore, 3 giorni contro i 5 precedenti, con qualche dimissione momentanea e qualcuno in attesa di chiamata, ma comunque necessario per queste famiglie che hanno ricordato «come cittadini abbiamo dei doveri, ma anche dei diritti». «Dobbiamo dire che i dirigenti sono stati molto corretti nell'ascoltare le motivazione e nell'impegnarsi a trovare delle soluzioni in tempi non eccessivamente lunghi - hanno aggiunto le mamme. E' proprio vero quello che avevano detto all'inizio del percorso, che «la speranza è l'ultima a morire».

Melania Isola 


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