il caso

Disabilità, meno risorse per l’assistenza indiretta: le associazioni pronte a protestare

Regione ha deciso di tagliare i fondi da erogare alle famiglie, "ma questo peggiorerà in maniera drammatica le condizioni materiali di vita di tutte le persone coinvolte senza creare le condizioni per sviluppare una rete di servizi adeguata"

Disabilità, meno risorse per l’assistenza indiretta: le associazioni pronte a protestare
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Se non dovesse arrivare a stretto giro un’inversione a U, hanno già annunciato che a marzo si ritroveranno a protestare sotto le finestre del Pirellone. E tra le realtà che hanno sottoscritto una lettera indirizzata ai ministri Marina Calderone (Politiche sociali), Alessandra Locatelli (Disabilità) e Orazio Schillaci (Salute), oltre che al premier Giorgia Meloni per protestare contro i tagli al sostegno economico per la disabilità gravissima annunciati da Regione Lombardia, c’è anche l’associazione colognese Pastello Bianco, nata nell’ottobre 2023 per sostenere le famiglie con disabili gravi a carico a coprire le spese.

Disabilità, meno risorse per l’assistenza indiretta

La richiesta è chiara: fare ritirare la delibera 1669 del 28 dicembre 2023, con cui la Giunta Fontana ha deciso all’unanimità di diminuire le risorse destinate alle misure di assistenza indiretta per la disabilità gravissima (B1) e per la disabilità grave (B2) supportate con risorse statali del Fondo Nazionale per la Non Autosufficienza (FNA) e con risorse regionali, «che rappresentano un sostegno essenziale per le famiglie», si legge nel comunicato diramato dalle associazioni che dopo essersi viste respingere la mozione presentata nel Consiglio regionale di metà gennaio sono tornate ad alzare la voce.

Sono circa 11.000 le persone che, in Lombardia, convivono con una gravissima disabilità. Di questi, circa 3.000 persone che vengono assistiti «solo» dal caregiver famigliare vedranno ridursi il sussidio da 650 a 400 euro mensili (il taglio va dal 32 al 75%) a partire dall’1 giugno 2024. Al pari, si stima che poco più delle 250 persone che si trovano in una condizione di dipendenza vitale da macchinari (per esempio coma, stato vegetativo o tracheotomia), vedranno ridursi il contributo da 900 a 700 euro al mese, così come i fondi per i ragazzi disabili che frequentano la scuola e coloro che convivono con spettro autistico passeranno da 750 a 400 euro al mese.

Servizi al posto dei fondi: "Ma non è la stessa cosa"

Intervenuta sull’argomento, l’assessore regionale alla Famiglia, solidarietà sociale, disabilità e pari opportunità, Elena Lucchini aveva ribattuto che «non ci sarà nessun taglio al sistema della non autosufficienza», affermando come le risorse complessive siano invece aumentate rispetto all’anno precedente, così come è aumentata per il 2024 la compartecipazione regionale. Ai fondi nazionali, dunque, si somma uno stanziamento aggiuntivo di 13 milioni dal Fondo Sanitario regionale e 14 milioni di risorse proprie, alle quali si associa un impegno per 3,5 milioni ulteriori per la misura B1. «Quello che la normativa nazionale stabilisce è una rimodulazione, destinando una parte delle risorse all’erogazione di servizi sempre più personalizzati in favore delle persone con disabilità», ha precisato.

Prestazioni invece che soldi, in pratica, ma chi quotidianamente convive con la disabilità di un famigliare sa che la conversione non è così facile come sembra.

«Il contributo economico indiretto non è e non sarà mai alternativo ai servizi erogati in forma diretta, peraltro assolutamente inadeguati come segnalato praticamente dalla totalità dei capoluoghi lombardi», hanno spiegato, motivati dalle lunghissime liste di attesa che oggi caratterizzano il sistema sanitario nazionale. La diminuzione dei fondi erogati direttamente rappresenta un’incognita che le famiglie non possono permettersi sia a livello economico che pratico perché rischierebbe di vanificare progressi, risultati, ma anche legami di fiducia stretti con fisioterapisti, logopedisti e tantissime altre professionalità del settore: un traguardo non da poco soprattutto per gli utenti con difficoltà relazionali, che verranno dirottati (sempre che vengano attuati) verso servizi standardizzati e spersonalizzati. «Questo peggiorerà in maniera drammatica le condizioni materiali di vita di tutte le persone coinvolte senza creare le condizioni per sviluppare una rete di servizi adeguata, oltre a toglierci il diritto di scegliere tra l’assistenza diretta e indiretta».

Le richieste

Da qui le tre richieste messe sul tavolo dalla galassia di sodalizi: una modifica sostanziale della delibera di Palazzo Lombardia, «sia rispetto all’implementazione dei fondi per consentire di non modificare gli importi dei contributi odierni, ma semmai di aumentarli, sia rispetto alle modifiche dei voucher sociosanitari»; la rimodulazione del sistema di offerta di servizi «che a oggi riteniamo assolutamente inadeguata, in quanto eccessivamente standardizzati e non in linea con i reali bisogni individuali, sia per quello che concerne servizi sanitari e sociosanitari, sia per quello che concerne quelli prettamente sociali», hanno spiegato le associazioni; e, in ultimo, l’istituzione di un tavolo di lavoro che coinvolga le realtà a cui afferiscono le famiglie «affinché si possa costruire insieme un percorso che vada nella direzione della costruzione e implementazione dei livelli essenziali di prestazione, senza penalizzare l’assistenza indiretta che deve rimanere un punto fermo».

Non ci saranno vie di mezzo. Se le richieste non verranno accettate entro il 29 febbraio, famiglie e associazioni protesteranno sotto Palazzo Lombardia.

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