Diletta e quel vuoto che non si colma

Diletta e quel vuoto che non si colma
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Perde la figlia di soli otto anni e racconta il suo dolore in una lettera. E’ la storia di Emanuela Berti e della piccola Diletta. «In ogni voce mi sembrava di riconoscere la tua e immaginavo che sotto quelle sagome travestite e irriconoscibili sicuramente ti celavi anche tu.

Ti eri messa la maschera perciò non era facile individuarti ma c'eri, ne ero sicura. Ecco i carri, anche tu ci sei salita come facevi sempre. Ad un certo punto i miei passi si sono fatti pesanti: camminavo su un tappeto di coriandoli, perdendomi fra la miriade di quei colori. Oh come potrei non ricordare quel rosso acceso, rimasto nonostante una pioggia pietosa battente sull'asfalto a formare una scia indelebile, quasi a volermi lanciare l'ultimo messaggio d'amore e quel verde che non era affatto pieno di speranze ma tanti manichini che uscivano da una porta misteriosa e asettica per guardarmi e non dire nulla e quel giallo simile al colore dei tuoi lunghi capelli giallo oro, recisi in fretta e caduti sul pavimento senza far rumore nella speranza di poterti salvare la vita». È una lettera struggente quella di Emanuela che ci mette sulle tracce della sua bambina Diletta, un angelo volato in cielo troppo presto e il cui ricordo resta indelebile nella vita di sua madre.

Diletta Maggi è morta quindici anni fa ma sua madre ancora la cerca, tra le maschere del Carnevale, nei volti e colori che incontra per strada. «Diletta si è ammalata di glioma intrinseco del tronco encefalico, una malattia terribile che non lascia speranze. - racconta Emanuela - Eravamo al mare quando abbiamo notato che si comportava in modo strano: perdeva l’equilibrio, non dormiva, cambiava spesso d’umore. Siamo rientrati subito a Montichiari dove il pediatra ci ha indirizzato al reparto oncologico pediatrico dell’Ospedale Civile di Brescia. In pochi giorni la diagnosi terribile e l’inizio del calvario. Non potevamo accettare quei sei mesi di vita e abbiamo tentato il tutto per tutto: ci siamo attivati per cercare cure in tutto il mondo. Siamo stati in Serbia, in America.

Non c’è stato niente da fare. Diletta si è spenta a Brescia 5 giorni prima di quella maledetta scadenza dei sei mesi. Poche settimane dopo, la gemella Chiara ha cominciato ad accusare gli stessi sintomi: mi sono sentita morire ma, fortunatamente, si trattava solo di un caso di emulazione. Gli anni che passano non colmano il vuoto che mia figlia ha lasciato. La scrittura è uno sfogo che aiuta, come pure la fede che ti salva, anche se all’inizio sei arrabbiatissima con Dio. Con altri genitori abbiamo creato un gruppo di confronto l’associazione “Figli in cielo”, parlarne aiuta ma io resterò per sempre la mamma di Diletta». 


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