La drammatica emergenza Covid-19 ha risvegliato nella mente di molti la terribile diffusione di un’altra malattia infettiva, la tubercolosi, che negli anni Sessanta imperversava in Italia decimando intere famiglie. Eventi terribili evocati dalle parole di Giulia Mascadri, di Montichiari, che li ha vissuti sulla propria pelle e per questo motivo ha passato queste settimane di quarantena con ancora maggiore angoscia.
La storia di Giulia

Giulia aveva solo due anni quando si vide privata dell’affetto del padre, internato nel sanatorio di Sondalo, vicino a Sondrio, nel 1959 e poi in successione dei fratelli Felice, ricoverato a Prasomaso, Angelo e Antonio portati nella sede della Croce Rossa a Salò. Un vero e proprio incubo che, da lì a poco, avrebbe vissuto in prima persona.
«Mio padre fu portato via di forza da due energumeni – racconta – Ricordo quel momento come uno dei più drammatici della mia vita. Dopo pochi giorni toccò ai miei fratelli. Il dramma di vedermi privata degli uomini della mia famiglia fu enorme ma più terrorizzante ancora veder bruciate tutte le nostre cose. Gli addetti alla “disinfezione” infatti ci bruciarono tutto: materassi, biancheria, perfino i vestiti. All’età di sei anni toccò a me: mi ammalai di Tubercolosi e fui internata a Fasano di Maderno. In oltre un anno vidi mia mamma pochissime volte: non erano concesse molte visite e i soldi per il viaggio erano scarsi. Ogni giorno dovevo subire cinque iniezioni: tre di antibiotico e due di vitamine. Eravamo in 106 bambini internati dai sei ai dodici anni. Mangiavo pochissimo, pesavo solo 11 kg e mi sentivo terribilmente sola».
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