Con Stefano Pesci se ne va un pezzo di storia del paese

Con Stefano Pesci se ne va un pezzo di storia del paese

Con Stefano Pesci se ne va un pezzo di storia di Remedello, un personaggio che ha sempre fatto dell’aggregazione e della socialità la cifra dei 71 anni della sua esistenza. Originario di Calvisano si è presto trasferito a Remedello dopo il matrimonio con Maria Savani da cui sono nati i figli Slavisa e Dennis. E proprio dietro al nome del primogenito una storia che sa di amicizia e lealtà fino alla fine.

«Verso i 18 anni – ha spiegato il figlio Dennis – è andato a lavorare per una ditta di Calvisano nell’ex Jugoslavia dove ha conosciuto un ragazzo serbo con il quale ha stretto la promessa di scambiarsi il nome del primogenito, e così fu». Slavisa, l’amico di vecchia data, è corso a Remedello alla notizia della morte dell’ex collega. Tanti gli amici, i conoscenti, i compaesani che lunedì l’hanno accompagnato per l’ultimo viaggio nella chiesa di San Lorenzo. Un catalizzatore di persone, tanto di giovani quanto di meno giovani, che ha riunito sotto lo stemma dei due olmi, simbolo del paese, i «Du-urmisi». Un incidente sul lavoro tra i 18 e i 19 anni l’ha reso invalido, ma non gli l’ha di certo privato dell’entusiasmo e della voglia di fare per il proprio paese.

Dal ‘75 la moglie ha gestito il circo Arci in centro al paese, diventato per una decina di anni il principale luogo di ritrovo dei remedellesi. Da sempre amante dello sport, in particolare del ciclismo, arbitro di calcio in tutta la provincia, Stefano ha investito tutto il suo tempo libero nell’organizzazione degli eventi sportivi del paese, stimolato dalla grande partecipazione da parte dei giovani. Chi è stato ragazzo tra gli anni ‘70 e ‘80 non potrà dimenticare il «settembre remedellese» animato da una moltitudine di eventi, tra cui il palio delle contrade, il torneo di calcio, la corsa campestre, il palio della cuccagna, ma anche le corse sui pattini e in bicicletta. Conosciuto Amatore Bolzonidi Carpenedolo ha dato vita al «Primo maggio tedesco», una delegazione di atleti e amatori del posto accompagnati dalla fanfara dei bersaglieri di Gambara raggiungeva ogni anno Dachau.

«C’era grande attesa e accoglienza per gli italiani – ha spiegato Dennis – venivamo ospitati nella palestra locale dove dormivamo. Oltre alla marcia non competitiva non poteva mancare la visita al campo di concentramento e la cerimonia con tanto di gagliardetto e deposizione di una corona commemorativa. E’ partito con una spedizione di tre o quattro macchine e siamo arrivati a due pullman». Un minimo di quattro viaggi all’anno, oltre a tutte le domeniche in giro ovunque ci fossero gare, eventi e manifestazioni sportive sempre con il suo seguito di giovani, con tanto di tute da ginnastica bianche e rosse, a cui Stefano ha saputo offrire un’alternativa alle cattive compagnie o alle noiose giornate da divano. Tra le attività più curiose anche il torneo con le macchinine Playmobil sul tavolo da biliardo nel bar che la moglie ha lasciato nel 1982. Tempo, passione e disinteresse economico le qualità che hanno fatto di lui il principale promotore delle iniziative sportive del paese.

«Ha portato in giro tre quarti di Remedello» ha spiegato il figlio ricordando le annuali tappe fisse: la corsa a Monteforte D’Alpone, quella di Venezia in marzo, ma anche la visita ai mercatini di Natale e le vacanze estive in Croazia. «Mettilo tra la gente o a tavola e lui sarebbe stato lì per sempre – ha commentato Dennis – il suo è un testimone che difficilmente potrà essere raccolto perché una passione così non l’ha più nessuno. Era estroverso e diretto, se doveva dire qualcosa lo faceva senza problemi. A noi figli non ci ha mai fatto mancare nulla. Lucido e determinato fino alla fine, malato di diabete è stato dottore di se stesso fino alla morte».Poco tempo fa un’infezione alle vie urinarie e, poi qualche acciacco, niente di allarmante, ma sufficiente per fargli capire che era arrivato il suo momento, non voleva diventare un peso per nessuno, tantomeno per la sua famiglia.

«Un giorno mi ha chiamato – ha spiegato Dennis – e mi ha detto che non sarebbe arrivato a fine mese». Sembra quasi cheStefano avesse ascoltato la leggenda Masai sugli elefanti che così come in vita non possono fare a meno dei propri compagni di branco, quando sentono che è arrivato il loro momento, si allontanano da tutti. Così Stefano ha deciso che in questa vita aveva già dato abbastanza. Ciò che di lui non se ne andrà è sicuramente il ricordo di una personalità che difficilmente potrà avere eguali.