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Cascina Tavolette:"Cambio vita e apro un Bed and Breakfast nella Bassa"

Una storia che racconta della passione di un nipote che ha deciso di tornare alla campagna dopo il Covid

Cascina Tavolette:"Cambio vita e apro un Bed and Breakfast nella Bassa"
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Cascina Tavolette:"Cambio vita e apro un Bed and Breakfast nella Bassa".

Una storia di famiglia

E’ una storia di famiglia quella della cascina Tavolette a Pralboino, di un bambino che con la nonna passava del tempo tra i suoi caratteristici archi e i terreni circostanti e che «da grande» ha deciso di tornare a vivere di quelle sensazioni e di quella pace che solo la campagna sa regalare. E’ proprio la quiete e il silenzio che colpisce una volta arrivati nel grande cortile della cascina sulla strada che da Pralboino conduce a Ostiano e che da gennaio ospita un agriturismo dopo un attento recupero e un intervento di risanamento conservativo, frutto dell’impegno di  Giorgenzo Treves De Bonfili giovane padovano, che ha deciso di dare nuova vita alla storica proprietà di famiglia e di riscoprire il territorio della Bassa. Una cascina con una storia particolare legata alla famiglia Gambara e da due secoli ai Frizzi, così chiamata con tutta probabilità per la caratteristica dei terreni adiacenti, lunghi e stretti, simili a tavolette.

Cascina Tavolette

L’agriturismo ora si compone di sei appartamenti di diverse metrature, ognuno con il nome di un fiume di Brescia e Cremona, che vengono affittati a turisti e lavoratori provenienti da tutto il mondo, attratti dalle opportunità lavorative e dalle peculiarità della Bassa. Un’oasi nel verde che ambisce a diventare un centro polifunzionale e di aggregazione per la zona, di cui l’intervento appena concluso rappresenta solo il primo passo.

Come è nata l’idea di recuperare le Tavolette?

«Dobbiamo fare un passo indietro di vent’anni quando mia nonna si occupava, tra le altre cose, di gestire le proprietà fondiarie della famiglia, che erano dislocate in più comuni della provincia di Brescia e Cremona e mi portava con lei a vedere queste proprietà e mi raccontava come era la vita prima della promulgazione delle leggi agrarie che hanno cambiato gli equilibri della vita in campagna per cui non era più conveniente per il proprietario affittare questi fondi, rendendo necessarie altre formule di gestione. Così facendo le cascine in maniera rapida si sono svuotate. Vedere questi fabbricati silenziosi e spopolati contrastava con le storie che mia nonna mi raccontava e con le fotografie che mi mostrava, nelle quali tali cascine mi sembravano veri e propri borghi vitali. E’ da queste gite che sono nati la mia curiosità e il desiderio di occuparmi della gestione agricola e recuperare un patrimonio fondiario non solo economico ma soprattutto, da un punto di vista storico e culturale» .

Quale è stata la molla che le ha fatto decidere di «ritornare alla terra»?

«Ho seguito la mia carriera universitaria e poi professionale lontano da qui per cui questo sogno è stato accantonato. In famiglia c’era già chi si occupava degli interessi agricoli, e pertanto non percepivo l’urgenza di occuparmene anc h’io in prima persona. Poi arriva il Covid e tutte le mie certezze a livello professionale cambiano: all’epoca io lavoravo per una società di consulenza americana a Milano e improvvisamente, l’equilibrio interno della società è cambiato. Mi sono ritrovato in una situazione di forte incertezza professionale, mentre, così come per molti altri miei coetanei, la visione del futuro si era fatta meno nitida. In un’ep o ca di incertezze ho deciso di tornare alla mia unica vera certezza, la campagna. All’inizio andavo una volta a settimana poi sempre più spesso, fino a rendermi conto che quello sarebbe stato il mio posto».

Quali sono gli aspetti che ha riscoperto tornando in campagna?

«Ho riscoperto la campagna come luogo di pace e di radici familiari, ma anche come luogo di autenticità umana. Le persone di questo territorio mi hanno accolto, nonostante io non avessi alcun legame personale con loro. Mi sono presentato ai vicini, al parroco, al sindaco, al comandante dei Carabinieri, alle figure chiave del paese e queste persone con grande sorpresa mi hanno accolto e mi hanno raccontato e mi hanno offerto il loro supporto. La calorosa accoglienza ricevuta e la consapevolezza di voler seguire in prima persona un patrimonio immobiliare così importante per la mia famiglia mi hanno portato a prendere una decisione radicale: lasciare la mia professione a Milano e dedicarmi completamente all’attività agricola » .

 

Da qui la nuova vita delle Tavolette?

«Questa è stata la prima cascina acquistata dai miei antenati , Lazzaro e Benedetto Frizzi, nel 1802, e rappresenta un luogo di grande valore storico. Dopo un attento studio, ho deciso di intraprendere il recupero del fabbricato attraverso un intervento di risanamento conservativo della parte ex abitativa, ricavandone sei appartamenti destinati a l l’ospitalità agrituristica. Una particolare attenzione è stata dedicata ai dettagli e al mantenimento dello spirito rurale del complesso, reimpiegando pavimenti in cotto e solai in legno, dotando il fabbricato, allo stesso tempo, degli ultimi accorgimenti tecnologici. Spero che qui ognuno possa sentirsi a casa, con la consapevolezza però di stare soggiornando in un fabbricato storico che va amato e rispettato».

Questa attività sta avendo riscontro?

«Ho iniziato questa attività a gennaio, quindi da pochissimo ma il riscontro è già molto positivo, sopratutto da ospiti stranieri provenienti da tutto il mondo Estonia, Cina, India, Stati Uniti. Non si tratta solo di lavoratori ma anche veri e propri turisti che mi chiedono cosa visitare, affascinati da questi luoghi. Spero che questa mia iniziativa possa essere uno stimolo per gli amministratori locali a creare un percorso culturale, gastronomico e naturalistico condiviso. La riscoperta delle realtà storiche territoriali in chiave turistica è una strada virtuosa e da percorrere, purché vi sia anche una risposta da parte delle istituzioni e la volontà di tutti gli attori di mettersi realmente in gio co. Devo dire che in zona c’è un certo interesse da parte dei cittadini e delle associazioni culturali locali che spero si traduca effettivamente in iniziative concrete».

 

Quale sarà il futuro delle Tavolette?

«Le Tavolette ambiscono a diventare un polo multifunzionale, un punto di riferimento per tutte quelle realtà che nel territorio ci sono e che non hanno massima espressione. Questo luogo unisce due anime – quella professionale e quella turistico-ricreativa - che, pur avendo esigenze diverse, presentano anche molteplici punti di contatto. Un’oasi di pace immersa nel verde, in cui chi lavora possa trovare un momento di relax e riconnettersi con la natura e la campagna circostante. Il lavoro di ristrutturazione eseguito finora è solo il primo passo di un progetto più ambizioso.  A mio parere, un aspetto interessante da approfondire in un contesto del genere riguarda l’ambito della ristorazione, motivo per cui una parte del complesso sarà, in futuro, riqualificato in questo senso. Il prossimo obiettivo sarà, infatti, la ristrutturazione dell’ex stalla e dell’ex fienile, creando così, alle Tavolette, un luogo non solo per dormire, ma anche per mangiare e vivere momenti di convivialità, nel pieno spirito dell’antica tradizione della cas cina. Infine, mi piacerebbe anche offrire uno spazio dedicato ai giovani, un asset fondamentale per questo territorio, i quali mi sembrano però smarriti, in quanto privi di luoghi in cui ritrovarsi e stare insieme. Le Tavolette potrebbero diventare il punto d’incontro ideale, ospitando eventi e iniziative pensate anche per loro e, in generale, per tutta la comunità».

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