Aspettando un’operazione che non arriva mai tra dolori lancinanti: «Così non si può vivere»
La storia di un 70enne di Palazzolo sull'oglio, in cura all'ospedale di Chiari, che ha contattato la Redazione di Chiariweek per raccontare la situazione

di Emma Crescenti
«In queste condizioni non si può vivere». Lo ripete più di una volta un 70enne di Palazzolo che nei giorni scorsi si è rivolto alla Redazione di Chiariweek per segnalare i disagi vissuti con l’ospedale di Chiari, presso cui è in cura. Ci chiede di rimanere anonimo, ma il suo dolore invece è sotto gli occhi di tutti, testimoniato dai tre ricoveri d’urgenza in pochi mesi per un’ernia inguinale che ha ridotto la qualità della vita, in attesa di un’operazione continuamente posticipata.
Aspettando un’operazione che non arriva mai tra dolori lancinanti: «Così non si può vivere»
Ex operaio sui tralicci dell’alta tensione, ora in pensione, il palazzolese era già stato curato tre anni fa per la stessa condizione, che ora si è ripresentata anche sul lato sinistro. «A maggio ho fatto una visita ambulatoriale nel presidio dell’Asst Franciacorta, dove sono poi stato ricoverato a inizio giugno per problemi al cuore - ha raccontato - Il 28 dello stesso mese mi avevano dimesso dalla Cardiologia (su cui, personalmente, non ho nulla da eccepire), dicendomi che non potevano operarmi per almeno sei mesi intanto che finivo la cura. Ma il periodo è passato e ancora non mi hanno fissato una data precisa».
Nel frattempo, però, i dolori sono continuati, sempre più forti, con crisi acute che rendevano impossibile stare in piedi e anche dormire. Per tre volte il 70enne si è presentato in pronto soccorso, per tre volte è stato ricoverato d’urgenza e dimesso con l’ernia «sfiammata», ma ancora al suo posto. «Ho fatto di quelle battaglie in questi mesi... all’ultimo ricovero, a novembre, mi era stato detto che mi avrebbero operato subito e invece poco dopo mi hanno rimandato a casa dicendo che l’urgenza era passata».
Una finestra si è aperta circa 15 giorni fa, quando il palazzolese è stato chiamato dall’ospedale per fissare un’operazione a febbraio o a marzo. Forse. Un’incertezza che fa amarezza, e anche rabbia. «Non è una questione di liste d’attesa, nessuno me ne ha mai parlato: ora che ho finito la cura per i problemi cardiaci proverò a contattare qualche altro ospedale perché credo che a Chiari semplicemente nessuno abbia capito la gravità della mia situazione. Con questi dolori non si può vivere».