Angelo Orsini, la musica oltre ogni barriera

Angelo Orsini, la musica oltre ogni barriera
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«La prima volta che sei entrato pensavamo solo che eri cecato. Poi ti abbiamo conosciuto e subito ci sei piaciuto. Tu, per guardare il mondo, non usi gli occhi ,ma il cuore: e questo è per noi un gran valore». I giovani studenti della «Tribù» (seconda D ed E della scuola primaria) non potevano usare parole migliori per descrivere il maestro Angelo Orsini che quest’anno festeggia l’importante traguardo che lo vede superare i 30 anni di direzione della corale polifonica Gaydum.

Con una risorsa del genere è bastato un piano, i cui tasti erano accarezzati dalle sue sapienti mani, e una quarantina di voci bianche che lui ben conosce, più o meno dolci, più o meno acute, a trasformare una delle ultime lezioni dell’anno in un tributo alle emozioni. Ma dietro in realtà c’è molto di più: un lavoro ambizioso di oltre 60 ore nell’arco dell’anno scolastico in cui i bambini di seconda elementare si sono cimentati nell’elaborazione del contenuto, interamente dedicato alla mamma in occasione della celebrazione della sua festa, trasformato poi in poesia e adattato ad una metrica ritmica. Un esercizio di composizione raramente possibile se non avessero avuto al loro fianco un professionista del calibro di Orsini, capace di spiegare ai giovanissimi studenti che esiste un mondo oltre la musica che i mezzi di diffusione di massa propongono abitualmente.

Ma il percorso, iniziato l’anno scorso con il coinvolgimento di quattro classi prime, è sicuramente ricco di ostacoli. Orsini infatti, classe 1943, dopo aver frequentato le prime classi elementari nel paese natale, Carpenedolo, ha perso la vista e si è trasferito in collegio a Milano. E’ stato qui che ha incontrato per la prima volta quello che sarebbe diventato moto propulsore della sua intera esistenza, carriera professionale compresa, ovvero la musica. Diplomatosi in pianoforte al conservatorio di Milano si è poi dedicato all’insegnamento. «Solo dopo la pensione ho iniziato a interessarmi alla parte vocale - ha spiegato il maestro - prima lo strumento prendeva tutto il mio tempo e anche di più». Dal 1986 dirige la corale polifonica Gaydum, un coro a 4 voci miste composto da 30 coristi e il coro degli alpini che unisce la penne nere di Ghedi e Calvisano che, oltre alla fattiva presenza durante le cerimonie funebri, si sta evolvendo anche in attività diversificate. «Ma poi non mi bastava neanche quello - ha spiegato - e ho iniziato a dedicarmi anche ai bambini con il coro di voci bianche “Note di lode” rivolto ai bambini dai 6 ai 13 anni». L’approdo a scuola è arrivato solo l’anno scorso con il percorso educativo «Armonizzazioni», e dove l’avvio al canto corale è stato interpretato come «palestra di vita».

Il maestro, con il suo carico di umanità, umiltà e profonda professionalità, ha potuto mostrare agli studenti come un handicap fisico non pregiudichi l’essere persona. Anzi. «Mentre loro capiscono l’importanza di imparare a fare i conti - ha spiegato Orsini - non capiscono l’importanza di usare la voce in modo educato. Certo, con la loro freschezza danno molto più degli adulti, la loro voce ha tante sfumature. E’ chiaro che tra loro e me ci sono delle difficoltà - ha continuato - ma ognuno a suo modo, sta cercando una modalità di approccio. In questo percorso si incontrano molti ostacoli, alche dal punto di vista delle limitazioni degli ambienti, delle strutture, ma anche molte invidie, ma io non ho ambizioni e faccio tutto gratuitamente come volontario». A lui la soddisfazione di percepire come tanti sassolini, rotolando insieme, producano armonia. Quegli stessi sassolini che, grazie a lui, sono riusciti a capire cosa voglia dire essere diversi e, nello stesso tempo, uguali, quando l’incontro umano giunge prima di qualsiasi contributo tecnico. Hanno imparato cosa voglia dire fare le cose con calma, dipingere il particolare, sperimentare tutte le sfumature della voce.

C’è una musica più commerciale che incontra maggiore interesse da parte degli studenti e degli insegnanti, questo è vero, ma quello che Angelo sta facendo è un cammino molto più lungo, fatto di briciole, che valuta anche la qualità umana della persona e che impegna solo chi è disposto a non avere fretta. Merito di questi piccoletti invece quello di aver donato ad Angelo, che da sempre sostiene che il suo più grande difetto sia di non saper sorridere perché la sua mamma non gliel’ha insegnato, quello di avergli strappato i primi sorrisi.


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