In questi giorni si accende il dibattito intorno a un progetto che sta sollevando forti preoccupazioni nella Bassa Bresciana: la proposta per la realizzazione di un enorme impianto di trattamento e compostaggio di rifiuti organici nel comune di Offlaga. Un’opera che, secondo i rappresentanti delle principali realtà agricole e istituzionali del territorio, rischia di compromettere in modo irreversibile l’ambiente, l’economia e la qualità della vita dei cittadini.
A prendere posizione con decisione sono stati l’onorevole Cristina Almici, componente della Commissione Agricoltura della Camera, Laura Facchetti, presidente di Coldiretti Brescia, e Giovanni Garbelli, presidente di Confagricoltura Brescia. «Il progetto – affermano – non è sostenibile né dal punto di vista ambientale, né economico, né sociale».
L’impianto, infatti, prevede di occupare oltre 42 ettari (circa 420.000 metri quadrati) di suolo agricolo fertile, oggi destinato a produzioni di eccellenza come il Grana Padano DOP e le coltivazioni di quarta gamma. Una zona riconosciuta e tutelata a livello europeo, che verrebbe irrimediabilmente danneggiata, con una drastica riduzione della superficie coltivabile e una pesante svalutazione dei terreni.
Le criticità
Dal punto di vista ambientale, le criticità sono evidenti: si parla di oltre 400.000 tonnellate annue di rifiuti da trattare, quantità che supera ampiamente il fabbisogno regionale e fa temere l’arrivo di rifiuti anche da fuori provincia, o peggio da fuori regione. Per alimentare l’impianto servirebbero circa 80 camion al giorno, con un forte impatto su traffico, viabilità, qualità dell’aria, e rischi non trascurabili per le falde acquifere in una zona già delicata dal punto di vista idrogeologico. Non va dimenticato che l’acquedotto consortile, che serve decine di migliaia di persone, si trova a poca distanza dall’area individuata. A questo si aggiunge il timore per emissioni odorigene e polveri sottili, oltre alla mancanza di un reale confronto con i promotori del progetto, che finora si sono sempre negati al dialogo diretto con i Comuni, preferendo delegare ogni comunicazione a un’agenzia.
«Un impianto di questa portata – denunciano Almici, Facchetti e Garbelli – comprometterebbe la competitività del comparto agroalimentare e la vivibilità dei comuni vicini, senza portare alcun beneficio concreto alla popolazione locale. Un’agricoltura come quella bresciana, d’eccellenza, va difesa, non sacrificata».
Oggi, sabato, alle 10.30 il flash mob
A sottolineare il dissenso crescente, oggi, sabato 30 agosto alle 10.30, è stato organizzato un flash mob di protesta proprio nell’area interessata dal progetto. A promuoverlo sono i cittadini, il comitato spontaneo da poco costituito, i sindaci della zona e le principali organizzazioni agricole.
Nei giorni scorsi, infatti, i primi cittadini di Offlaga, Manerbio, Bagnolo Mella, Bassano Bresciano, Leno, Barbariga, San Paolo, Mairano e Dello si sono già riuniti per esprimere un netto giudizio negativo sull’opera e avviare un tavolo di lavoro comune per contrastarne la realizzazione.
L’azienda proponente, la bergamasca Geobet, è stata costituita da pochi mesi con un capitale sociale ridotto e ha acquistato i terreni attraverso una società agricola. Ma per agricoltori e cittadini bresciani, si tratta di un progetto “calato dall’alto”, incoerente con il tessuto produttivo locale e con un impatto sproporzionato per il territorio.
«Se ci tengono tanto a costruire un impianto così mostruoso – commenta un agricoltore della zona – che lo facciano accanto alle loro serre, non nei nostri campi. Noi qui non siamo babbei. Siamo persone che vivono e lavorano la terra da generazioni e non vogliamo svenderla per quattro camion di rifiuti».
La protesta, insomma, è solo all’inizio. E oggi sarà visibile anche a chi ancora non ha compreso fino in fondo cosa significhi davvero cambiare il volto della Bassa Bresciana in nome di un progetto che, per molti, ha troppo poco a che fare con il futuro del territorio.