E’ venuta a mancare nella sera di sabato 29 luglio una figura di capitale importanza per Calcinato, Vanda Vanghetti, 91 anni. Conosciuta come la prima bibliotecaria, «Era donna di garbo e cultura d’altri tempi – ne dice il professore Flavio Marcolini – che ha educato alla passione per la lettura generazioni di calcinatesi, e che anche in pensione ha continuato ad animare culturalmente il Centro Diurno Anziani di via Roma».
Mammola Bianchi Marcoli, amica e storico sindaco di Calcinato, racconta: «La nostra amicizia è cominciata in età adulta, quando con la mia famiglia siamo tornati dalla Francia, alla fine del fascismo. Era una persona molto quadrata, molto chiara nelle sue cose. Avendo la tabaccheria di famiglia ed essendo cresciuta qui, conosceva tutti, ma non l’ho mai sentita, nella sua vita, fare un pettegolezzo.
È diventata la prima bibliotecaria di Calcinato, nel ‘71. Era grande lettrice, appassionata di teatro e di cultura. Le norme richiedevano, per gestire una biblioteca, una bibliotecaria laureata, ma a Calcinato all’epoca gli unici volumi erano in prestito dalla biblioteca ambulante di Milano, che passava una volta al mese a riprendersi i libri. Anche se Vanda la laurea non l’aveva, io da assessore le chiesi di cominciare come volontaria. Ha accettato, ma con grande umiltà. Pur avendo poi seguito dei corsi, si è sempre fatta scrupolo per la mancanza del titolo.
Ho un ricordo: quando aveva un po’ di ferie, passava tutti i libri singolarmente con l’alcool, tanto si sentiva responsabile della biblioteca, anche nell’igiene. Era riservata, tanto che poteva sembrare una persona fredda. E come ho detto, per vivere in paese, avere la tabaccheria e non dire mai un pettegolezzo… Una persona davvero interessante. È stata un’amicizia preziosa».
La figlioccia Seila Rutar la ricorda, oltre alla severità da istitutrice, come una di famiglia: «Vanda è stata, se non una mamma, una zia molto cara, per me. Era spesso a casa nostra a Brescia, veniva in corriera o guidava, poi quando ho avuto la mia bambina la portava spesso in bicicletta. A lei piaceva molto andare in giro, e viaggiare, le è pesato tantissimo rinunciare quando per l’età ha dovuto cominciare a stare al passo degli altri.
Credo che sia stata anche un po’ fraintesa: era più avanti nei tempi rispetto a quello che era il paese, guidava, fumava, stava fuori e chiacchierava con tutti, aveva sempre questo rossetto rosso… Era tipico suo, il rossetto. La sua cura della persona quotidiana era “lavarsi, vestirsi, rossetto”. Anche in casa di riposo».
Infine Pierangelo Bono, il successore, bibliotecario di Calcinato, condivide questo ricordo: «“C’è sempre qualcosa da imparare!” mi sembra ancora di sentire risuonare l’eco di questa frase, un’affermazione che Vanda Vanghetti formulava sovente quando alla fine della lettura di giornali e riviste condivideva con noi della biblioteca alcune riflessioni in merito. Non era una frase di circostanza, si capiva molto bene dall’espressione soddisfatta di Vanda che qualcosa di nuovo, una data, un nome, un volto, un libro era entrato a far parte del suo bagaglio e ne andava fiera, con quell’ umile fierezza che solo i semplici posseggono.
Dall’estate del 1988 quando ho preso servizio presso la biblioteca di Calcinato la presenza di Vanda, bibliotecaria in pensione, era pressoché quotidiana, scandita da un rituale preciso. Prima la lettura dei giornali e delle riviste, poi la salita in sala studio ad approfondire tramite dizionari ed enciclopedie qualche argomento o termine risultato non chiaro dalla lettura o bisognoso di un approfondimento.
In questi anni ho potuto conoscere i molteplici interessi di Vanda, grande appassionata di Teatro, di Cinema, dell’Opera, della Letteratura. Rimanevo stupito quando accennando ad alcune rappresentazioni sia teatrali che operistiche, mi citava edizioni a cui aveva assistito dove gli attori, o i cantati, o ballerini erano ormai dei miti, ma ciò che mi lasciava allibito era la naturalezza con la quale lo diceva, come se assistere ad una balletto con Nureyev o alle rappresentazioni con i nomi sacri della storia del teatro italiano, fosse la cosa più semplice che le sia potuto capitare.
Col passare degli anni a causa di alcuni acciacchi sembrava che la sua presenza dovesse diminuire, ma l’installazione dell’ascensore in biblioteca, fu a mio avviso, il più bel regalo che le potessero fare. Nonostante la stampella prima e il fedele bastone poi, (sovente dimenticato in biblioteca) grazie alla nuova struttura riusciva facilmente a raggiungere la sala studio e poter continuare ad accrescere la sua voglia di conoscenza e sapere.
Quando, la domenica precedente la sua morte, mi sono recato a trovarla nella sua stanza alla Casa di Riposo, ho avuto la fortuna di un’ultima piacevole sensazione, riconoscendomi subito mi accolto con le sue domande, su di me; sulla mia famiglia; sulla sua amata biblioteca e verso la fine dell’incontro riservandomi alcune valutazioni personali sull’ora del morire a tutti sconosciuta, il tutto con la naturalezza di sempre, riconoscibile perché accompagnata da un dolce, misurato sorriso».