Sanità

Viaggio in un Pronto soccorso bresciano: come funziona e come potrebbe funzionare meglio?

Spesso l'esperienza di un accesso in Pronto soccorso è di per sé un trauma: ma ci siamo mai chiesti se siamo (tutti) nel posto giusto? "l vero tema è organizzativo e di rapporto tra territorio e ospedale" spiega il primario di Manerbio

Viaggio in un Pronto soccorso bresciano: come funziona e come potrebbe funzionare meglio?
Pubblicato:

di Marianna Baldo

Attesa, codici colore, code. I tempi sono cambiati e il riferimento non è legato alla struttura dei diversi Pronto Soccorso in Italia ma bensì al come le persone si approcciano al Pronto Soccorso stesso. Se prima l’accesso in PS veniva considerato  un «non aver altra scelta», ora non  è più così. Spesso e volentieri come cittadini, una volta lì, registrato l’accesso, ci spazientiamo e molto spesso mostriamo il nostro sdegno, ma… ci siamo mai chiesti se siamo nel posto giusto? Se quello è il servizio a cui ci saremmo dovuti rivolgere? Abbiamo mai immaginato a cosa stia accadendo al di là delle «barricate» e dunque perché noi stiamo aspettando? Da anni il Ministero della Salute, in cordata con enti regionali, realtà dell’emergenza-urgenza e ordini professionali, sta cercando di favorire l’accesso dei cittadini alle risorse e ai servizi, con una partecipazione responsabile alla gestione del sistema sanitario. Ma, c’è ancora da fare molto da fare.

Abbiamo coinvolto il Pronto Soccorso di Manerbio, diretto dal dottor Gianpietro Briola, per comprendere meglio le dinamiche, l’organizzazione, e altri aspetti.

Il direttore del Pronto soccorso di Manerbio Gianpietro Briola

Cos’è un Pronto Soccorso, come è strutturato e chi ci lavora?

Il Pronto Soccorso ospedaliero è la struttura che garantisce esclusivamente il trattamento delle emergenze-urgenze, ovvero di quelle condizioni che necessitino di immediati interventi o di assistenza a pazienti che versano in condizioni di emergenza-urgenza. Ci lavorano medici, specialisti, infermieri formati per l’accoglienza dell’utenza attraverso il «triage» (sistema di attribuzione della gravità delle condizioni in cui versa paziente, fondamentale per garantire a chi è estremamente grave, di non dover attendere minuti preziosi per la vita), la gestione delle emergenze e, alcuni, anche per i soccorsi territoriali esterni, in aggiunta gli Oss (operatori socio-sanitari) e gli autisti soccorritori che sono un valido supporto alle attività del Pronto Soccorso stesso. Il reparto collabora con figure specialistiche, anch’esse a supporto, come cardiologi, rianimatori, chirurghi, internisti, ginecologi, pediatri, e così via. A Manerbio ne sono 6 presenti 24 ore su 24, a garanzia della continuità del servizio e dell’assistenza.

Ma c’è anche un servizio interno di trasporto, in gergo «trasporto secondario», che permette trasferimenti tra strutture con mezzi e personale dell’ospedale (ad esempio: medico e infermiere per i casi più gravi o infermiere più autista in quelli che destano minor preoccupazione a livello clinico), verso un altra struttura ospedaliera definito «hub» di secondo livello come Poliambulanza e Spedali Civili Brescia. Gli hub permettono la presa in carico del paziente giunto da Manerbio affidandolo a specialità che nel nosocomio locale non sono presenti, come: maxillo facciale, neurochirurgia, neurologia, o ancora per trattamenti più complessi.

Modalità di accesso, presa in carico anticipata e fast track: come funzionano?

Si arriva in Pronto Soccorso in due modalità: attraverso il servizio territoriale di emergenza-urgenza, come l’ambulanza, oppure in “auto-presentazione” ossia in modo autonomo. Come anticipato si incontra l’infermiere del triage che stabilisce quale priorità del paziente. Attenzione: non si accede per ordine od orario di arrivo ma secondo la gravità della situazione in cui una persona versa in quel dato momento.

Particolari accessi vengono garantiti ai «pazienti fragili» come anziani ultra settantacinquenni o pazienti pluri-patologici o portatori di handicap, pazienti provenienti da strutture come Residenze Sanitarie Assistenziali o Residenze Sanitarie Assistenziali per persone con disabilità.

All’atto del triage esistono protocolli che consentono, in casi specifici di patologie o sintomi, di attivare una presa in carico anticipata (Ppca) per far sottoporre il paziente a una serie di esami, come elettrocardiogramma, radiografie e altro, per velocizzare i tempi della diagnosi anche in caso il PS sia in iper-afflusso. I pazienti non potranno essere immediatamente valutati dal medico, ma avendo già i risultati degli accertamenti si ottimizzano le tempistiche.

Esiste anche il «Fast Track» per rispondere alle urgenze minori. E’ un percorso di gestione del paziente utilizzato, ad esempio per patologie di oculistica non grave o di traumatismi articolari mono-articolazione e simili, che non necessitano di una immediata valutazione medica e che vengono indirizzate dal personale infermieristico allo specialista che decide il miglior iter diagnostico. Il Fast Track è un iter attivato per ridurre i tempi d’attesa e diminuire il carico del Pronto Soccorso rispetto alle patologie minori che altrimenti sarebbero costrette a lunghi tempi d’attesa, indirizzando invece allo specialista competente.

Perché andare in Pronto Soccorso: come farlo e quando farlo?

In Pronto Soccorso si trattano le emergenze e le urgenze e non le patologie ambulatoriali, a maggior ragione quando l’accesso avviene in alcune fasce orarie (come ad esempio quelle serali). Andare in PS potrebbe non essere efficace né risolutivo poiché la struttura non è in grado di fornire valutazioni radiologiche, oculistiche e dell’otorinolaringoiatra e altre. Esistono patologie ed eventi che possono e devono essere gestiti ambulatorialmente, perché la risposta del Pronto Soccorso è strettamente legata ai sintomi del momento e non è di inquadramento generale, che spetta invece al medico di base o alle strutture territoriali-ambulatoriali. In questi casi il personale sanitario del PS si trova costretto a indirizzare i pazienti verso le strutture dedicate a una diagnosi più completa e approfondita di quelli che sono i sintomi e l’evoluzione della malattia. Sfatiamo un mito: andare in Pronto Soccorso non è la scorciatoia per saltare le liste d’attesa.

Cosa avviene durante il triage?

Lo ha spiegato la coordinatrice infermieristica del PS manerbiese.

«L’infermiere procede con l’accettazione ossia la raccolta dei dati e dei sintomi principali e in base a questa procedura attribuisce uno dei cinque codici priorità (da uno a cinque) - ha raccontato l’infermiera - Quando parliamo di codice di priorità, l’infermiere accetta il paziente e lo attribuisce secondo alcuni algoritmi prestabiliti ma data la formazione professionale dell’operatore e la sua esperienza, se il caso specifico non lo convince può attribuire un diverso codice di accesso alle cure».

Addio ai colori: ora ci sono cinque codici

Esistono il codice 1 (ex codice rosso) "rischio vita", visto immediatamente dal medico; il codice 2 (codice arancione), "urgenza": pazienti tempo-dipendenti o patologie che prevedono intervento del medico a breve (es. ictus o sintomi potenzialmente legati a infarto, ecc…); il codice 3 (ex codice blu) "urgenza differibile": paziente molto sofferente ma che non ha compromesse le funzioni vitali, il codice 4 (ex verde), "urgenza minore": poco critico, assenza di rischi evolutivi e prestazioni differibili, il codice 5 (ex codice bianco) "non critico", per i pazienti non urgenti.

Tema sociale: un aspetto cardine. Ci sono ancora troppi pazienti non urgenti

I Pronto Soccorso accolgono i pazienti acuti e non è per le lungo-degenze o per persone che non trovano soddisfazione ai loro bisogni e alle loro esigenze al di fuori. Esiste però ancora un largo accesso di utenza che non trova un’assistenza continuativa territoriale per carenza di posti letto nei sub-acuti, nelle case di riposo, oppure utenza anziana che vive da sola, o con familiari e parenti che lavorano, che necessita di assistenza continuativa anche per periodi ristretti che non riesce a attivare a casa. Il PS non è il luogo adatto perché il tempo massimo di «ricovero» in struttura è di 48ore, dopo di ché queste persone devono essere ricoverate in reparti di riferimento o dimesse. Questi casi devono essere gestiti al di fuori, anche perché spesso gli anziani che si rivolgono all’ospedale una volta in struttura si scompensano, si disorientano e la loro gestione diviene ulteriormente complicata.

L’appello del primario Briola ai famigliari è chiaro:

«Nel momento in cui si percepisce che un famigliare anziano necessiti a lungo andare di un supporto, di un ricovero o di un servizio sollievo in Casa di riposo, è vivamente consigliabile attivarsi per tempo poiché le tempistiche sono lunghe e i posti sono limitati - ha sottolineato - pur comprendendo l’aspetto emotivo di tale scelta avere dei posti prenotati nelle liste anzitempo è una soluzione efficace, in primis per il benessere del paziente stesso».

Da dove partire per  una riforma del PS?

«La priorità è a mio avviso quella “scremare” l’accesso al Pronto Soccorso - ha esordito il primario Gianpietro Briola - Chi deve venire? Come e quando ci deve arrivare? Se andiamo a togliere il numero di accessi impropri nel Pronto Soccorso, o anche solo la metà, avremmo ridotto o azzerato l’iper-afflusso e avremmo a parità di strutture e di personale più tempo di gestire i pazienti acuti al meglio. Il vero tema è organizzativo e di rapporto tra territorio e ospedale e rapporto diretto medici ospedalieri e di pronto Soccorso e medici del territorio così come medici delle strutture come Case di riposo che attraverso consulti potrebbero essere gestiti in modi più rapidi ed efficaci».

In PS è necessaria una comprensione reciproca

L’uso improprio del PS con relativi casi di iper-afflusso può generare delle difficoltà di gestione dell’utenza e degli accompagnatori, questo potrebbe portare a situazioni di incomprensione che sono ben distanti dalla maleducazione e dall'insofferenza da parte del personale sanitario. Da comprendere è che l’ottica del reparto è rivolta a un contesto di emergenza e urgenza, tralasciando talvolta quello che non lo è. Questa organizzazione del lavoro può portare a volte a esprimere risposte che possono non essere «comprese» dagli utenti ma che in realtà hanno la finalità di dare priorità al percorso dei pazienti acuti. Un’emergenza che sopraggiunge può scombinare tutto quello che si stava facendo sino a quel momento dando tutte le attenzioni a quel caso prioritario. Se da entrambe le parti c’è la comprensione reciproca si possono ovviare situazioni di tensione che, è già accaduto, si siano evolute in aggressioni.

Le aggressioni al personale: non un'eccezione

Non sono mancate nell’arco degli anni anche aggressioni fisiche, e assolutamente non sono da sottovalutare i casi sempre più frequenti di aggressioni verbali contro il personale. Quest’ultime sono dettate da insofferenza, maleducazione o dalle pretese di alcuni pazienti e o parenti, rispetto a quella che invece è la mission del Pronto Soccorso. Come cittadini potremmo provare a comprendere a cosa il personale di PS è sottoposto ogni giorno, a cosa può essere accaduto all’interno degli spazi preposti ai pazienti che dalla sala d’attesa non possiamo conoscere. Casi difficili, tentativi disperati di salvare vite arrivate in condizioni molte critiche che non è detto riescano a salvarsi, nonostante tutta la dedizione dei professionisti.

Quale sarebbe l’approccio funzionale tra le parti personale e pazienti o accompagnatori?

«Spesso chi è in sala d’attesa non ha la percezione di quanti casi sono stati presi in carico all’interno del PS, molti arrivano in ambulanza e fisicamente non li vedono entrare - ha raccontato il coordinatore infermieristico Anna - Comprendiamo le lamentale di alcuni pazienti finché non vadano però a tramutarsi in modo inappropriato. Cerchiamo di essere accoglienti, anche quando le esternazioni non sono del tutto appropriate, mettiamo in atto azioni preventive e del prendersi cura degli utenti. In alcune fasce orarie è attivo il servizio di guardia come deterrente per atteggiamenti che vanno oltre la semplice lamentela. Accogliamo tutti e ci impegniamo perché le esigenze dei pazienti vengano soddisfatte e per farsi che il percorso avvenga nel modo più fluido possibile, ma talvolta non viene percepito».

Esiste un’app di Asst del Garda: come funziona?

Esiste da un paio d’anni un’app che consente di accedere ad alcuni dati utili dei diversi Pronto Soccorso dell’Asst del Garda e si chiama proprio «Asst del Garda». E’ uno strumento per favorire l’accesso alle informazioni in tempo reale sullo stato dei servizi. Si può visualizzare quante persone ci sono nei tre PS di Asst del Garda, come raggiungerli, monitorare in tempo reale lo stato della propria chiamata o di un proprio caro, le varie fasi dall’ingresso fino alla dimissione. L’identificazione dell’assistito si ottiene esclusivamente tramite il codice presente sul verbale di triage che conferma l’accesso al PS per garantirne la Privacy e la sicurezza.

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