"Bollette insostenibili"

Ristoratori e baristi prostrati dal caro energia

Due testimonianze che arrivano da Rovato e da Chiari condensano il grido di un settore allo stremo.

Ristoratori e baristi prostrati dal caro energia
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di Stefania Vezzoli

Mal comune mezzo gaudio, recita un celebre proverbio. Purtroppo, però, non è sempre così. Per i baristi e i ristoratori bresciani e, più in generale, per gli operatori del comparto Food&beverage, trovarsi a condividere una preoccupazione comune di fronte all’impennata delle bollette non dà alcun sollievo. Perché quando in gioco c’è il futuro della propria attività e, spesso, anche della propria famiglia, sapere che tanti altri sono nella stessa situazione non basta a dare conforto, ad alleviare la pena.

Ristoratori e baristi prostrati dal caro energia

Tra le numerose testimonianze che arrivano da un settore già prostrato da due anni di pandemia, questa settimana ne raccontiamo due: quella di Lodovico Calabria del noto ristorante Al Malò di piazza Cavour a Rovato e quella di Giulio Faustinoni del bar Il Paradosso di via XXVI Aprile a Chiari.

"I costi insostenibili vanificano tutti gli sforzi"

Chi ha avuto modo di conoscere Lodovico Calabria, fondatore (insieme allo chef Mauro Zacchetti e al compianto Alberto Bergomi, morto a gennaio in un tragico incidente stradale), del ristorante e lounge bar Al Malò, sa che non è certo una persona dal lamento facile, tutt’altro. Anche nei mesi più duri della pandemia ha cercato di vedere sempre il bicchiere mezzo pieno e, nel periodo in cui la sua attività è stata forzatamente chiusa, ha fatto tutto il possibile per accedere ai bandi e ai contributi erogati. Adesso, però, di fronte all’impennata inarrestabile dei costi energetici, appare molto preoccupato. "Il fatto è che ho l’impressione che la gente non si stia ancora rendendo conto di ciò che sta succedendo, e di quello che accadrà nel giro di pochi mesi - ha spiegato - Noi dovremmo essere contenti: stiamo lavorando davvero bene, ma tutto questo viene vanificato da aumenti che sono insostenibili. Avremmo dovuto assumere una persona in più, ma siamo stati costretti a fermarci". Il motivo? Semplice: il caro bollette. L’incremento si è registrato già a gennaio, con una bolletta di 3.700 euro, il 100% in più rispetto a quella pagata l’anno prima, consumando gli stessi kilowatt. Ma, andando avanti, è andata sempre peggio e a luglio si è toccato il picco di 6.993 euro. "Ad agosto, con dieci giorni di chiusura, è arrivata una bolletta di 5.790 euro. Se continua così, prevedo che quella di dicembre sarà di 8mila euro. Io ho una capacità di tre mesi (che sinceramente non so quanti altri abbiano), poi, se il Governo non farà niente, non so cosa succederà. E’ aumentato tutto, ma noi abbiamo cercato di mantenere invariati i prezzi, a parte quelli dei vini", ha proseguito. Lodovico Calabria ha rimarcato che il sostegno da parte del Governo non può limitarsi al credito d’imposta: "Prima di tutto perché la bolletta intanto la devi pagare, e poi perché è insufficiente: nel secondo trimestre del 2022, a fronte di aumenti pari a 11mila euro, ne ho recuperati 900". Una sproporzione lampante, che non ha bisogno di ulteriori commenti. "Non sono mai stato preoccupato durante il Covid, ma adesso non sono tranquillo", ha concluso.

"Bollette triplicate, io non sono più in grado di pagare"

Per Giulio Faustinoni, titolare della nota gelateria e bar Il Paradosso, la situazione è grave e il punto di non ritorno è sempre più vicino. "Prima pagavo circa 1.500 euro di bolletta al mese, ora sono 4mila - ha rivelato - Solo per coprire gli aumenti dei costi energetici dovresti alzare i prezzi del 30%. Ma poi ci sono anche gli aumenti delle materie prime". Insomma, una via d’uscita al momento non si vede. "Io non sono più in grado di pagare - ha proseguito - Quindi, se non cambia niente, prima o poi mi staccheranno le forniture. E’ difficile, dopo due anni di Covid, lavorare così, senza prospettive. Noi facciamo delle serate con musica live, ho programmato le date a novembre e dicembre, ma per gennaio non me la sento di prendere impegni". Parole da cui traspare la sofferenza e il senso di impotenza di gente che sta facendo di tutto per tenere in piedi la propria attività. "Ma lavorare 18 ore al giorno per indebitarsi, non ha senso", ha concluso.

Un problema sociale

Nella nostra provincia sono tantissimi gli operatori del settore che condividono le stesse preoccupazioni di Giulio e Lodovico, che si trovano quotidianamente di fronte allo stesso dilemma, che guardano con apprensione al prossimo futuro. Ma un’attività che chiude non è solo un fallimento personale: ogni serranda che si abbassa, con i relativi posti di lavoro che vengono meno, innesca un problema sociale. E, se non si interviene dall’alto, con provvedimenti mirati efficaci, si rischia davvero un effetto domino.

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