Confagricoltura Brescia

Peste suina nel Bresciano: cosa ne pensano gli allevatori

Il settore suinicolo bresciano conta oltre 750 allevamenti per circa 1,2 milioni di capi e quasi trecento milioni di euro di valore complessivo alla produzione

Peste suina nel Bresciano: cosa ne pensano gli allevatori
Pubblicato:
Aggiornato:

Peste suina nel Bresciano: cosa ne pensano gli allevatori.

Peste suina nel Bresciano

Da quando, una settimana fa circa, sono state scoperte due carcasse di cinghiali infetti nel Pavese, a Bagnaria e a Ponte Nizza, nella Valle Staffora, i primi casi in Lombardia (fino a pochi giorni fa la zona rossa si estendeva alla provincia di Piacenza, mentre oggi sono undici i comuni coinvolti in provincia di Pavia). Ora la temibile infezione bussa alle porte di Brescia, distante solo 150 chilometri circa. Se l’infezione dovesse estendersi sarebbe, per l’economia agricola bresciana, un dramma e un danno enorme. Il settore suinicolo bresciano conta oltre 750 allevamenti per circa 1,2 milioni di capi e quasi trecento milioni di euro di valore complessivo alla produzione.

“Siamo oltremodo preoccupati – dichiara il consigliere di Confagricoltura Brescia Serafino Valtulini, allevatore di Orzivecchi -, le istituzioni si sono mosse ma evidentemente non basta o le azioni sono forse un po’ tardive. Non c’è più un solo minuto da perdere, come diciamo da tempo, per impedire alla peste suina di diffondersi tramite i cinghiali, che sono il primo vettore del virus: l’unico modo restano gli abbattimenti, non ci sono oggi altre strade percorribili nel breve periodo. Politica, imprese e associazioni di categoria devono lavorare unite per un unico obiettivo comune: tutelare e proteggere le zone a più alta intensità di capi suini allevati, come lo è il Bresciano”.

La Commissione Agricoltura della Camera

Lo scorso 21 giugno la commissione Agricoltura della Camera ha approvato una risoluzione sulla Psa, che prevede interventi di depopolamento del cinghiale tramite una maggiore attenzione all’attuazione del piano straordinario di contenimento della specie anche nelle aree non toccate dal virus ma vocate all’allevamento suinicolo, in modo da prevenirne l’arrivo. Non solo, il decreto legge 75 del 22 giugno ha introdotto nuove misure di contrasto alla peste suina, rafforzando la prevenzione e l’eradicazione della Psa e ampliando il raggio d’azione delle operazioni di contenimento dei cinghiali, oltre che le funzioni del commissario straordinario. A lui il compito di definire il piano straordinario delle catture a livello nazionale e regionale e la possibilità di prevedere procedure straordinarie (compreso l’affidamento a ditte specializzate) in caso di inerzia o mancato raggiungimento degli obiettivi da parte delle Regioni.

Il rischio sanitario

I suinicoltori di Confagricoltura Brescia si sono incontrati più volte nelle ultime settimane, chiedendo ufficialmente di “mettere in atto tutte le misure necessarie per ridurre il rischio che la malattia entri nella Pianura padana lombarda”, dove è allevato circa il 50% del patrimonio suinicolo nazionale, una delle principali filiere per le più famose Dop italiane. In caso di diffusione della peste suina anche in questo territorio, si determinerebbe un rischio sanitario diretto per la zootecnia bresciana, con danni economici pesantissimi stimati in circa 60 milioni di euro al mese in Lombardia (la sola provincia di Brescia rappresenta il primo distretto suinicolo all’interno della Lombardia, con il 31 per cento della quota produttiva regionale).

Seguici sui nostri canali