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Mulonia attraverso l’Alaska fino alla meta con il ricordo del papà nel cuore

In sella alla sua bicicletta, Tiziano Mulonia, unico italiano, è arrivato quarto all’Iditarod Trail

Mulonia attraverso l’Alaska fino alla meta con il ricordo del papà nel cuore
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In Alaska, per la settima volta. La prima da unico italiano in gara, ma soprattutto quella più speciale, dedicata al papà scomparso solo qualche mese fa, ma che è sempre stato con lui in questa incredibile esperienza.

Mulonia attraverso l’Alaska fino alla meta con il ricordo del papà nel cuore

Il clarense Tiziano Mulonia ha terminato la Iditarod Trail Invitational percorrendo, in sella alla sua bicicletta, i 1.600 chilometri (1.000 miglia) che lo separavano dalla meta, Nome. Ci sono voluti 21 giorni e 41 minuti, ma senza ombra di dubbio, ne è valsa la pena: l’Italia è stata rappresentata alla grande, Mulonia ha «portato a casa» il quarto posto. A raccontare telefonicamente l’impresa appena compiuta, dopo aver dormito solo qualche ora, è stato lo stesso protagonista, in diretta dall’Alaska.

Sono stanco, molto più delle altre volte, ma sto bene. Ero preparato, certo. Ma ho trovato una situazione peggiore rispetto allo scorso anno, le condizioni climatiche sono state atroci. E’ stato tutto molto più intenso, ma non mi pento. Anzi. Dedico tutto questo a mio padre. Quando mi ha lasciato gli ho sussurrato che lo avrei portato con me e così è stato.

La gara è iniziata il 25 febbraio e in queste settimane le temperature hanno raggiunto anche i -42 gradi, con venti che soffiavano fortissimo e una percezione di -55.

Nei boschi non percepivo il freddo, ma quando mi trovavo in prossimità di acqua o laghi, la situazione era quasi insostenibile perché l’umidità ci metteva il suo. Più volte sono dovuto scendere dalla bici per riattivare la circolazione. La spingevo nella neve alta e cercavo, in qualche modo, di scaldarmi.

La due ruote, quest’anno, pesava circa 32 chili.

Un peso ottimale, migliorato rispetto ai 34 dello scorso anno. Avevo con me la mia “casa” per quando dovevo dormire fuori nei giorni in cui non raggiungevo la meta o mi fermavo di proposito, ma anche il cibo del quale necessitavo e l’acqua. In giorni dove sapevo che la tratta sarebbe stata più lunga, l’ho caricata di provviste, ma me la sono cavata.

Proprio la mancanza di acqua, però, l’ha fatto per un momento vacillare.

Quando non hai abbastanza cibo, in qualche modo riesci a cavartela fino alla prossima meta, ma in mancanza di acqua si rischia di congelare. In Alaska ci sono fiumi ovunque, ma quando ne avevo più bisogno ho faticato a trovarne. Sono stati momenti duri. Ho trovato la forza in mia moglie Anita, che quando mi ha sentito sconfortato non mi ha certo detto “torna a casa”, ma “puoi farcela”. Ancora una volta, come lei e mia figlia Letizia fanno sempre, mi ha dato forza. E’ immenso il supporto e l’attenzione che hanno nei miei confronti, specialmente durante gli allenamenti e quando sono lontano e solo me ne rendo davvero conto. Loro sono le mie prime tifose.

Non poteva mancare un pensiero al fratello Guglielmo, Willy, Mulonia, pioniere delle imprese sulle due ruote:

Non è stato vano tutto quello che mi ha insegnato. Quest’anno non era con me, ma è come se lo fosse comunque stato. Ho imparato tutto da lui e sono felice di poterlo rendere orgoglioso.

A breve ci sarà il rimpatrio dopo un’esperienza che ha lasciato il segno:

Torno a casa con un bagaglio sempre più ricco, l’Alaska mi appartiene ormai, mi stupisce con i suoi paesaggi e la sua natura. Per me questa è un’avventura, non una gara. Lo dico sempre a tutti coloro che mi chiedono perché la ripeto. Mi fa stare bene.

Dopo una piccola vacanza alle Hawaii, donata proprio da un amico alaskiano, per scaldarsi e rigenerarsi, il clarense tornerà in città per la fine del mese e, senza ombra di dubbio, sarà accolto dalla sua famiglia, con tutto l’affetto del mondo.

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