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Educare all’affettività: da MedicalPlan psicologo in supporto ai genitori

Al Poliambulatorio MedicalPlan di Capriolo è disponibile il servizio di supporto psicologico, che può aiutare nella costruzione del rapporto tra genitori e figli e nell’insegnare a bambini e ragazzi, fin da piccoli, ad ascoltare le proprie emozioni.

Educare all’affettività: da MedicalPlan psicologo in supporto ai genitori
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Ne parliamo con Rita Felici, psicologa clinica e facilitatrice Mindfulness, al servizio dei pazienti presso il Poliambulatorio MedicalPlan di Capriolo.

Cos’è l’educazione affettiva e da che età si parte?

I fatti di cronaca sempre troppo frequenti legati ad amori violenti, femminicidi, aggressioni da parte di persone fidate o sconosciute danno l’idea di quanto l’educazione all’affettività sia centrale nello sviluppo dell’essere umano fin dalla sua infanzia. Il bambino, in quanto «essere sociale», già dai primi mesi di vita inizia a sviluppare competenze interpersonali: decifrare segnali sociali ed emozionali, ascoltare, mettersi dal punto di vista dell'altro, capire quale comportamento sia accettabile in una situazione. Ci sono giochi che possono aiutare anche i più piccoli a comprendere l’astratto e a sviluppare la plasticità neuronale.
Con l’età della scolarizzazione, e quindi a partire dai sei anni circa, si può però impostare un percorso educativo che possa consentire ai bambini di sviluppare e apprendere un «alfabeto emotivo». L’educazione affettiva si può fare in classe, nelle altre agenzie educative come per esempio le associazioni, e prima di tutto in famiglia.
Educare all’affettività significa promuovere lo sviluppo di abilità emozionali quali l'autoconsapevolezza, la capacità di identificare, esprimere e controllare i sentimenti, la capacità di frenare gli impulsi e rimandare la gratificazione, la capacità di controllare la tensione e l'ansia... seguendo un modello biopsicosociale (BPS), cioè mettendo al centro la persona nel contesto bio-psico-sociale. Ciò significa essere consapevoli di «come stiamo» fisicamente, ma anche nelle relazioni sociali.

Qual è il ruolo dei genitori?

A differenza di ciò che avveniva in passato, oggi il rapporto genitori-figli assume nuova identità e l’affettività è un elemento fondamentale di questa relazione.
L’educazione affettiva passa anche attraverso la capacità dei genitori di dare nome e mente agli impulsi e alle emozioni che il bambino esprime con il suo comportamento.
Per esempio, quel mal di pancia che spinge il bambino a farsi venire a prendere a scuola, ma una volta a casa passa... Oppure un insolito comportamento nervoso, capriccioso, eccessi di rabbia... possono essere lo sfogo di un’emozione a cui il bambino non sa dare un nome. Il genitore dovrebbe validare ciò che il bambino sente, senza sminuire o ignorare i sui sentimenti ma, anzi, dando loro un nome. In questo modo si favorisce un processo di rispecchiamento emotivo che può insegnare al bambino a contenere e gestire le sue emozioni.

Quando sarebbe bene chiedere il supporto di uno psicologo? Ci sono «campanelli d’allarme» o segnali?

Non ci sono segnali o campanelli, non servono episodi scatenanti: bisognerebbe sempre iniziare un percorso di educazione affettiva con i propri figli, agendo quindi «prima» di arrivare ad averli.
Quando un genitore riconosce alcuni comportamenti del figlio o difficoltà emotive specifiche, ha bisogno di trovare un senso a ciò che succede e desidera aiuto per il suo bambino, può sempre chiedere aiuto a un professionista. Senza aver paura di ammettere che gestire le nostre emozioni può essere una sfida, a volte troppo difficile per poterla affrontare da soli.
La relazione genitore/figlio è un sistema di parti che si completano e si condizionano reciprocamente. Il mio intento è quindi proprio quello di aiutare la relazione, e le persone coinvolte in questa delicata interazione, a funzionare al meglio possibile. Lavoro con i genitori, per supportarli nella relazione con i figli, e anche con preadolescenti e adolescenti in difficoltà per ansia, irritabilità e problemi di relazione.

Qual è il suo approccio terapeutico?

Sono una psicologa clinica e facilitatrice Mindfulness e adotto un approccio Mindfulness nel rapportarmi con i pazienti, siano essi adulti, adolescenti o genitori-figli. Con il termine mindfulness ci si riferisce a una pratica specifica di meditazione centrata sulla consapevolezza dell'esperienza personale presente. In particolare, la mindfulness invita a osservare con curiosità la propria esperienza, con atteggiamento aperto, curioso e non giudicante. Pur partendo da pratiche meditative, la coscienza non viene alterata ma, anzi, rimane ben salda, vigile e piantata nel corpo, pronta ad accettare tutto ciò che viene dal presente, buono o meno buono esso sia. La parola «mindfulness» significa proprio «consapevolezza», «piena attenzione»: uno stato di coscienza in cui siamo testimoni attenti e presenti dei nostri pensieri, delle nostre emozioni e percezioni, momento per momento.
Il mio metodo di lavoro si basa sul rispetto dell'unicità della persona, adulto o minore che sia, ed ha come obiettivo il raggiungimento del suo benessere nel rispetto dei suoi tempi. Per questo motivo niente è calato dall'alto ma tutto viene condiviso, discusso, deciso e sperimentato assieme durante il percorso.

MedicalPlan psicologo, come prenotare un consulto

Presso MedicalPlan Capriolo è possibile prenotare un consulto psicologico e impostare un percorso di supporto con la dottoressa Rita Felici, psicologa clinica ad orientamento cognitivo-comportamentale.

Contattare MedicalPlan al 030-0948545 o alla mail info@medical-plan.it.

Maggiori informazioni sul centro polispecialistico di Capriolo al sito: www.medical-plan.it

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