Mauro Pagani a "casa" per presentare il suo "Nove vite dieci blues"
Il libro del noto polistrumentista, produttore e compositore è stato protagonista mercoledì pomeriggio al Museo
A ognuno dei mille animi randagi, in cammino per chissà dove, che negli anni ha condiviso il palco con me, ogni volta insegnandomi qualcosa e aiutandomi a diventare un musicista accettabile. A Fernanda e Leonardo. A ogni amica e amico che con me ha spartito sogni e dolori aiutandomi a diventare, spero, una persona accettabile.
Nella dedica, nelle primissime pagine, si capisce già tutto. O quasi. L’umiltà di un artista immenso, ancora modesto, nonostante una vita di successi.
Mauro Pagani a "casa" per presentare il suo "Nove vite dieci blues"
"Nove vite e dieci blues". E’ il titolo dell’autobiografia con la quale Mauro Pagani è tornato a casa. Nella sua Chiari, città natale. Il libro, (Bompiani Editore), è stato presentato mercoledì sera, in occasione dei Patroni, in un Museo della città gremito ad ogni piano. L’evento, inoltre, ha visto la partecipazione di Franco Zanetti, direttore di Rockol.it.
La biografia
Classe 1946, Mauro Pagani è nato a Chiari. Polistrumentista, compositore e produttore, nel 1970 ha fondato insieme a quattro amici, Franz Di Cioccio, Franco Mussida, Flavio Premoli e Giorgio Piazza, la Premiata Forneria Marconi, con cui ha lavorato fino al 1977. Conosciuto anche come Pfm, il gruppo musicale noto in tutto il mondo prese il nome dell’attività cittadina proprio perché la signora Pasqua, moglie di Mario Marconi, che apri per la prima volta l’omonima forneria in via XXVI Aprile nel 1921 (oggi, invece, la pasticceria si trova all’angolo con via Cavalli) firmò delle cambiali per l’acquisto degli strumenti di questi giovani musicisti in nome dell’amicizia del figlio Giovanni Carlo Marconi con Pagani.
Dopo questa esperienza è partita la carriera da solista del clarense che vanta anche molte collaborazioni illustri: tra coloro con i quali ha lavorato ci sono infatti Demetrio Stratos, Gianna Nannini, Ornella Vanoni, Roberto Vecchioni, Massimo Ranieri, Francesco Guccini, Vasco, Luciano Ligabue, solo per citarne alcuni. Inoltre, è di dominio pubblico anche il fatto che Pagani è autore di indimenticabili colonne sonore. Tra le tante quelle dei film di Gabriele Salvatores «Sogno di una notte d’estate», «Puerto Escondido», «Nirvana», «Educazione siberiana» e «Tutto il mio folle amore». Poi, con Fabrizio De André ha stretto un sodalizio lungo quattordici anni, dal quale sono nati capolavori come «Creuza de mä» e «Le nuvole». Inoltre, nel 1998, l’artista ha fondato le Officine Meccaniche: studio di registrazione, etichetta discografica e laboratorio di ricerca tecnica e artistica, che è diventato uno dei più importanti punti di riferimento per la scena musicale italiana e internazionale.
Il volume
E proprio come recita la sinossi del libro, «Cercare accordi, andare a tempo con gli altri, improvvisare, questo è abituato a fare un buon bluesman». Ed è quello che Mauro Pagani ha fatto nella sua vita. O più di una, date tutte le volte che ha ricominciato, che si è reinventato o che ha rivisitato qualcosa.
Lo stesso ha fatto con il suo passato, quando una sera di gennaio del 2020 un malessere l’ha colto e lo ha costretto a «ingaggiare con la memoria un confronto lungo e faticoso, ma anche inaspettato, persino divertente». Così, nel libro, un racconto di «quei giorni strani, e di un emozionato vagare tra i ricordi» vengono snocciolate l’infanzia e l’adolescenza a Chiari, l’amore per il violino e la musica classica, e poi la folgorazione per il rock e il blues. Impossibile non citare gli anni, fondamentali, con la Premiata Forneria Marconi, dal 1970 al 1977 che proprio in città nasce, e il passaggio dai «dancing di provincia» alle vette delle classifiche internazionali, in giro per il mondo a suonare e a incontrare «l’olimpo del rock». Tra le pagine dell’autobiografia, poi, si arriva anche al congedo dall’esistenza da rockstar e si scopre il passaggio una «nuova vita a voce bassa e passo lieve, dentro la musica del mondo, il Canzoniere del Lazio, gli Area, Demetrio Stratos, Carnascialia, e dentro l’universo speciale di Fabrizio De André, principe libero, a scrivere capolavori come «Creuza de mä e Le nuvole». Raccontata anche la nascita delle Officine Meccaniche, «fabbrica di canzoni», di colonne sonore e di sogni, le direzioni artistiche, i festival di Sanremo. E, infine, una nuova vita mancina: a improvvisare, «come un buon bluesman».
La presentazione
A Chiari, Pagani, è stato accolto con massimo entusiasmo: ha trovato l’interazione e l’appoggio del pubblico e non sono mancate le risate.
«E’ un orgoglio il ritorno di una persona che ha regalato così tanta cultura», ha ribadito emozionato il primo cittadino Massimo Vizzardi prima dell’inizio del dialogo tra Pagani e Zanetti. Così, il clarense, ha iniziato a raccontare della sua infanzia, della differenza tra il centro e la campagna, della sua crescita tra via Cortezzano e via Zeveto, facendo i nomi delle persone che ha conosciuto e che hanno segnato i primi anni della sua vita. Poi, il collegio (Pagani è cresciuto in una famiglia molto cattolica), la musica e una vita di quelle che sembrano da film.
«Ogni tanto torno per gli amici ma di fatto manco da Chiari da 50 e rotti anni - ha ribadito - Faccio sempre due passi a piedi, torno indietro nel tempo. Il centro è rimasto uguale e questo mi commuove. In me convive il ricordo della campagna, di quello che era. Un po’ quasi dell’800. Poi è arrivato il rock’and’roll».
E poi tanti aneddoti: «C’era uno che vendeva i jeans al mercato ma a casa mia non erano ammessi per cui me li mettevo per strada e mi cambiavo prima di rientrare», e ancora «per i miei la musica era una roba per farmi passare il tempo. Mio padre mi voleva ingegnere a lavorare all’officina meccanica Pietro Pagani» per arrivare alla Pfm: «Abbiamo iniziato a scrivere pezzi nostri: il mondo ci bolliva dentro».
Poi, è stato lo stesso artista a spiegare come è nato il libro: «La memoria se ne era un po’ andata e ho cercato di ricostruire - ha ribadito - Chiamavo i miei ex compagni e piano piano sono tornati i ricordi, avevo anche ascoltato i dischi registrati e gradualmente la mia memoria si è rimessa a registrare. Mi ricordo benissimo un sacco di cose inutili e altre non me le ricordo. Il libro è un po’ un racconto di quello che è stato, è fatto per restare».
Infine, una parentesi sulla musica di oggi: «Siamo in un periodo artistico un po’ strano, non è vero che non si scrivono più pezzi belli - ha concluso - Marco Mengoni ne è la prova, lo conosco, è un grande artista. C’è però da dire che o sei davvero bravo, come nel suo caso, o è proprio difficile poter crescere musicalmente, anche per colpa di una crisi economica. Molti non riescono a trovare il loro spazio e si perdono».
Al termine dell’incontro, Pagani si è fermato al Mondadori Point per firmare le copie e scattare fotografie con i concittadini. Lo ha fatto con gioia, umiltà, quella che solo i grandi hanno.
Ecco alcuni scatti