L'incubo della guerra

La testimonianza: "Siamo dovuti scappare perché i bambini sono in pericolo e le donne vengono abusate"

Queste le parole di Nadia che scappata dall’Ucraina ha trovato ospitalità dalla famiglia in cui aveva lavorato.

La testimonianza: "Siamo dovuti scappare perché i bambini sono in pericolo e le donne vengono abusate"
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di Elisabetta Salvini 

Storie di guerra, storie di paura. Ma anche storie di accoglienza e di aiuto trovato lontano da casa. Nadia, attualmente a Bedizzole, ha raccontato la sua testimonianza.

"Siamo dovuti scappare perché i bambini sono in pericolo e le donne vengono abusate"

Siamo venuti qui perché in Ucraina avevamo paura. Nella nostra città, Ternopil, non erano ancora arrivati i bombardamenti, ma sentivamo quelli delle città vicino. Pochi giorni prima hanno lanciato sei bombe sulla città limitrofa e ci sono stati 135 morti tra cui bambini. Abbiamo iniziato ad accogliere gli sfollati, ma si vive nel pianto e nell’angoscia. Abbiamo gli aerei che volano a pochi metri dalle case e fanno avanti e indietro tutto il giorno, in una giornata ci saranno almeno 7/8 allarmi e dovevamo correre tutti nei bunker. Anche in casa abbiamo delle regole precise oltre il coprifuoco, non possiamo accendere le luci e dobbiamo coprire le finestre con le lenzuola.

Sono le parole di Nadia, una nonna Ucraina che è arrivata lo scorso giovedì a Bedizzole accolta da una famiglia locale. Nadia era rimasta tanti anni a Bedizzole dove aveva avuto modo di conoscere la famiglia che ospita lei, sua figlia e i suoi due nipoti di 14 e 4 anni.

Quando è scoppiata la guerra ho provato a mettermi in contatto con lei che avevo conosciuto perché era stata mia mamma ad accoglierla quando è arrivata in Italia anni fa, ad insegnarle l’italiano e i lavori di casa, ma il numero che avevo non era più attivo. Ho ricevuto una sua chiamata domenica scorsa sul fisso di casa perché era riuscita a recuperare il mio numero in una vecchia agenda. Mi chiedeva aiuto e se conoscessi qualcuno che potesse ospitarla, senza pensarci due volte ho pensato alla mia taverna e le ho detto di partire, ma non ho più avuto sue notizie fino a mercoledì quando ho ricevuto la sua chiamata nella quale mi comunicava di essere riuscita, a caro prezzo, ad arrivare in Polonia. Giovedì, da un pullman diretto a Milano, è scesa con la sua famiglia in un Autogrill di Desenzano e mio marito è andato a prenderli. Abbiamo adattato la taverna, ma in accordo con i miei fratelli ora li sposteremo nella vecchia casa di mia mamma che ormai è chiusa da 12 anni in modo che possano avere i loro spazi.

Ha aggiunto la signora che ha deciso di ospitarli.

La donna, 65 anni, era tornata in Ucraina dopo la nascita di un nipote, ma si è trovata costretta a ritornare nel paese che si era dimostrato accogliente con lei.

Non ho potuto pensarci troppo, anche se la guerra non era ancora arrivata lì dovevamo scappare perché la situazione non era sostenibile. Ho lasciato il marito perché si prenda cura della casa perché sono sempre più frequenti gli episodi di saccheggiamento, ma rimaniamo in contatto con lui. Ho portato via mia figlia e i nipoti perché nel caso ci occupassero i bambini sono in pericolo di vita e le donne giovani vengono sequestrate e abusate.

Alla domanda “cosa farete?” Nadia non ci ha pensato troppo e dice che spera che in poche settimane la situazione si risolva e si possa tornare a casa perché è ancora incredula dell’accaduto. Ora cerca lavoro temporaneo.

Accoglierli mi ha dato tanta energia e tanta motivazione. Ha fatto bene anche a me. Quando mi ha chiamata non ci ho pensato un secondo, ho guardato mio marito e le ho detto di venire perché una soluzione l’avremmo trovata. È stata una risposta spontanea che sto comprendendo ora. Ieri mattina il ragazzino stava seguendo una lezione a distanza dal suo paese ed ha dovuto interrompere perché l’insegnate è corsa nei bunker in seguito ad un allarme aereo. È stato un momento che mi ha fatta veramente riflettere.

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