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In ricordo di Giorgio Giunchi, storico di Internet e maestro di campagna

Il racconto di un uomo che ha lasciato il segno, anche attraverso le parole della figlia anni, a cinque anni dalla sua scomparsa.

In ricordo di Giorgio Giunchi, storico di Internet e maestro di campagna
Pubblicato:

di Federica Gisonna

Clarense di adozione, si è spento a 66 anni dopo una vita piena. E' stato un punto di riferimento ed ha davvero lasciato il segno.

In ricordo di Giorgio Giunchi, storico di Internet e maestro di campagna

Maestro di campagna e storico di Internet. Questo era Giorgio Giunchi e questo rimarrà per sempre. A cinque anni dalla sua morte, avvenuta il 19 giugno del 2016, a tracciare il profilo di un uomo che ha davvero lasciato il segno, è stata la figlia, Anna Giunchi, che dal padre ha imparato ad essere curiosa e aperta al mondo.

Venuto a mancare all’età di 66 anni Giunchi, con passione e dedizione, studio e voglia di conoscenza, aveva raccolto e archiviato testimonianze e documenti sulla storia della rete Internet ed era diventato punto di riferimento nel settore. Nel 2018, anche la sezione digitale della Microeditoria era stata a lui dedicata (così come diversi libri sul tema).
Clarense di adozione (proveniva dall’Emilia Romagna), all’attività di maestro elementare, ha unito il lavoro di raccolta di materiale storico e di testimonianze volte a creare una storia dell’Internet italiano. Questo lo ha portato a collaborare con Stefano Trumpy e Laura Abba (pionieri dell’internet in Italia) e anche con Riccardo Luna (primo direttore dell’edizione locale di Wired e attuale presidente dell’Agi) e ad intervistare (in una lunga lista) Vinton Cerf, padre della rete insieme a Bob Kahn. Inoltre, attraverso l’Internet Society italiana, gruppo internazionale fondato da Cerf, ha potuto ideare e in parte curare una serie di pubblicazioni, i «Quaderni dell’Internet Italiano», centrate su temi specifici e chiamati «patologie» della digitalizzazione. Gran parte del suo lavoro è poi confluito nel sito «Cctld.it».

Il racconto della figlia

«Papà aveva una grande creatività, era un uomo curioso e ciò che più mi spiace è che non abbia potuto conoscere la sua nipotina Arianna - ha spiegato Anna - Suo padre era un sindacalista e quando lui era solo un bambino si sono trasferiti qui da Ravenna, in Emilia. Poi, insegnando nella scuola di Adro ha conosciuto mia mamma, Licia Gandossi, detta Maria, anche lei maestra nella stessa scuola, e si sono innamorati. E’ stato lui stesso a definirsi “maestro di campagna”. Già a quei tempi aveva partecipato e dato vita a progetti di scuola sperimentale con il tempo pieno. Come insegnante aveva una grandissima voglia di innovazione che riversava anche nell’insegnamento dell’informatica che, poi, ha portato anche al Santellone. Internet e la sua storia lo hanno sempre affascinato e ad alimentare questo amore sono stati proprio gli incontri con i maggiori esponenti del tempo. In quegli anni la rete stava muovendo i primi passi e papà viveva quell’ambiente che lo attraeva in modo unico. Così ha iniziato a studiare, ricercare, mettere insieme i pezzi. A costruire lui stesso una storia».

E oggi, di tutti quegli studi, resta davvero tanto.

«Conservo tutti i suoi libri, le sue ricerche - ha continuato la figlia - E non si tratta di volumi e scritti che parlano solo del percorso tecnologico italiano, c’è di tutto. Anche a livello internazionale. Mio padre aveva quell’interesse puro verso ciò che ancora si conosceva poco e questa è una cosa che oggi un po’ manca. Non vedeva le novità con scetticismo e mi ha insegnato a fare lo stesso. Per questo io mi sono avvicinata al mondo del digitale che altro non è che una mutazione, o una estensione, di Internet».
Il suo sapere, negli anni, è diventato immenso. In pochissimi, forse, hanno conosciuto la materia meglio di lui.
«Papà ne parlava come di una “protesi”, un prolungamento - ha aggiunto - Credeva fortemente che la tecnologia e la connessione ci avrebbero dato una mano... e forse anche un “cip in quel posto”. Lo diceva con una tale ironia che nemmeno si capiva fino a che punto fosse serio. Di insegnamenti ne ha lasciati davvero tanti, forse anche senza rendersene conto. Da lui, certamente, ho assimilato l’importanza del “provare”, di farmi una idea, della rete, di quello che è stata, e di tutto il resto senza alcun pregiudizio o paura del “nuovo”».
Federica Gisonna

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