Il comune di Cologne tenta di comprare il parco Gnecchi
L’intero compendio immobiliare è individuato tra i «beni culturali» e, in caso di alienazione, il Codice dei Beni culturali e del Paesaggio prevede un diritto di prelazione a favore dello Stato e degli enti locali.
Per ora non c’è nulla di certo e tutto starà alle decisioni della Curia, che è la proprietaria dell’intera area del parco Gnecchi e dell’ex oratorio femminile, entrambi in vendita. Ma se la trattativa per acquisire lo stabile da trasformare in un centro polifunzionale per le associazioni e l’intera comunità non è andata a buon fine perché non si è trovato un punto di incontro sul prezzo, per il parco Gnecchi potrebbero esserci ancora speranze.
La manifestazione d'interesse
Nei giorni scorsi il Comune di Cologne ha pubblicato una manifestazione di interesse «per l’acquisto di un fabbricato per la realizzazione di un centro polifunzionale e di un terreno per la creazione di un parco urbano pubblico». Nel documento non viene mai citato il parco Gnecchi o l’ex oratorio femminile, ma le caratteristiche indicate nell’avviso non lasciano ombre di dubbio: si tratta proprio di quell’area. Non esiste, infatti, a Cologne, un altro parco che si trovi in centro al paese, in prossimità del palazzo municipale, sia inserito in un contesto storico e culturale e abbia una superficie di 40mila metri quadrati per quanto riguarda l’area verde. Lo stesso vale per l’edificio. Per il parco sono stati offerti 151mila euro, mentre per il fabbricato 835mila. La Curia, però, che aveva deliberato di alienare terreno e «Agenzia» per quasi 2 milioni di euro, ha detto «no». Ma per il parco resta una speranza, poiché la somma preventivata dal Comune è la stessa indicata nella perizia. Bisogna capire, però, se la Curia sia interessata a cedere solamente l’immensa area verde chiusa dal 2019.
La vicenda
La vicenda del parco Gnecchi, luogo di ritrovo per moltissimi colognesi, comincia nel 2019, pochi mesi prima delle Elezioni amministrative. La parrocchia, viste le difficoltà nel rendere lo spazio a norma, decise di chiuderlo al pubblico e successivamente il lotto, unitamente all'ex oratorio femminile detto «Agenzia», venne posto in vendita. L’Amministrazione del sindaco Carlo Chiari, composta dagli esponenti di Cambiamo Cologne, in campagna elettorale non aveva preso impegni circa il parco Gnecchi, che nei mesi seguenti è diventato il fulcro di proposte e polemiche da parte del gruppo di Uniti per Cologne, opposizione extraconsiliare costituitasi a seguito dell’insediamento del Consiglio.
«Per noi una promessa elettorale diventa cogente e avanzare una proposta per risolvere il "problema" del parco senza conoscere tutte le problematiche e caratteristiche della situazione, pareva irresponsabile, semplicistico e dilettantesco - hanno sottolineato da Cambiamo Cologne - La volontà tuttavia non è mai mancata e il sindaco ha profuso, con tutto il nostro gruppo, energie costanti e silenziose per cercare una soluzione».
La pandemia e l’esigenza di portare avanti i progetti avviati nel mandato precedente e inseriti nel programma elettorale, hanno fatto passare in secondo piano il tema del parco Gnecchi, per cui il sindaco Chiari aveva già ribadito tempo fa che «l’interesse c’era», senza scendere in altri dettagli.
La scelta di pubblicare una manifestazione di interesse
«Tutti abbiamo visto la necessità di una comunità unita, la potenza di un volontariato forte e vitale, la necessità di spazi fisici frazionati, multipli e capaci di garantire flessibilità per ogni tipo di emergenza futura - ha evidenziato il primo cittadino - Da queste tematiche si spiega la scelta di questa Amministrazione di tentare di acquistare non solo il parco, ma tutto il compendio».
La pandemia ha sottolineato i limiti degli spazi pubblici colognesi, da qui l’esigenza di trovarne di nuovi. Ma il sogno di un centro polifunzionale all’ex oratorio femminile con tanto di mega parco pubblico all’esterno, però, non potrà concretizzarsi, poiché la trattativa con la Curia (la parrocchia è solo proprietaria, ma non decide il destino dei beni) non ha avuto un epilogo positivo.
«Ci stiamo lavorando da una decina di mesi - ha spiegato il consigliere Stefano Belotti - Sappiamo che la manifestazione di interesse pubblicata dal Comune per l'intero lotto non troverà responso da parte della proprietà. Desideriamo tuttavia che rimanga traccia del lavoro e della volontà dell'Amministrazione comunale. Sono state offerte due cifre, una per lo stabile (835mila euro) ed una per il parco (151mila). Restiamo in attesa di capire se la proprietà sia intenzionata a vendere il solo parco, la cui offerta aderisce al pieno valore di perizia, o meno, in questo caso per mantenere intatto l'appeal sull'intero lotto».
Esistono due perizie valutative: una da 1.750.000 euro, commissionata dalla parte venditrice ante Covid, e una comunale, redatta da un professionista esterno post Covid, di 1.413.800 euro. L'offerta totale del Comune di 985mila euro non è stata ritenuta idonea ma, come spiegato dall’Amministrazione, «tale somma nasce dall'analisi del mercato e dalla stima dei costi necessari a rendere i beni pienamente agibili, e di costi e oneri connessi all'operazione», per un totale complessivo di circa un milione e mezzo di euro.
«Non è un segreto che l'ente pubblico ha dei limiti di bilancio stringenti - ha ribadito il sindaco - Corrispondere la cifra richiesta dal venditore spingerebbe l'impegno di spesa ben oltre i due milioni. Insostenibile per il nostro ente. Per questo motivo abbiamo deciso a malincuore di non rilanciare. Il progetto resta di fatto una splendida opportunità, ma al giusto prezzo. Restiamo chiaramente aperti a tutte le soluzioni possibili, sperando che comprendano almeno la cessione del parco. Desideriamo ringraziare don Mauro Assoni che si è sempre speso per la conclusione positiva della trattativa, anteponendo sempre Cologne e la sua comunità».
Per ora il cancello «del Gnecchi» resta chiuso e non manca la nostalgia dei colognesi. Chissà che la Curia accordi la cessione del solo parco o che, andando avanti, cambi idea sull’offerta del Comune. In ogni caso, l’intero compendio immobiliare è individuato tra i «beni culturali» e, in caso di alienazione, il Codice dei Beni culturali e del Paesaggio prevede un diritto di prelazione a favore dello Stato e degli enti locali. Insomma, prima che passi a un privato ce ne passerà ancora di acqua sotto i ponti.