lutto in Franciacorta

Ha sorriso anche di fronte alla malattia, Jessica Lucia è stata "un grande dono"

Originaria dell’Ecuador, viveva a Rovato dal 2003; si è spenta a soli 46 anni

Ha sorriso anche di fronte alla malattia, Jessica Lucia è stata "un grande dono"
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di Stefania Vezzoli

Jessica Lucia è stata "un grande dono"

Il suo sorriso ora resta, luminoso come un faro nella notte più buia, a rischiarare la strada a chi le ha voluto bene. Jessica Lucia Escalante è morta a soli 46 anni, cinque mesi dopo la diagnosi di un tumore inoperabile: eppure anche di fronte al verdetto dei medici non ha mai perso la speranza e, soprattutto, la voglia di vivere.

Nata e cresciuta in Ecuador era arrivata in Italia, nel cuore della Franciacorta, nel 2003, seguendo il cuore. Gabriele Franzelli, il rovatese che è diventato suo marito, l’aveva conosciuta proprio nel Paese sudamericano, dove si era recato per motivi di lavoro (l’azienda edile del padre reclutava manodopera oltreoceano). "Mi sono innamorato", ha rivelato, e non è difficile credergli. Jessica Lucia Escalante non era soltanto una bellissima donna, ma anche "un angelo caduto dal Cielo", come l’ha definita la cognata Alessandra, per lei come una sorella.

Quando è arrivata in Italia aveva la teoria che quando incontri una persona, le sorridi, e se non ti saluta, il giorno dopo ci riprovi e le sorridi di nuovo e, prima o poi, ti saluterà,

ha raccontato il marito. Una filosofia di vita che, in effetti, ha funzionato, perché Jessica Lucia nell’arco di un ventennio aveva stretto legami d’amicizia molto profondi con tantissime persone.

L'arrivo a Rovato

Non era stato facile, per lei, costruirsi una nuova vita in Italia: in Ecuador aveva la sua famiglia, in particolare la madre e la sorella gemella con la quale aveva un rapporto strettissimo, ma anche un lavoro stabile (faceva la rappresentante) che le dava tante soddisfazioni. Eppure, si sa, l’amore è più forte di tutto e, gradualmente, Jessica Lucia si era ambientata. Di Rovato amava soprattutto il Monte Orfano: le piaceva camminare, ci andava quasi tutti i giorni, era salutista e conduceva un’esistenza sana. Eppure questo non è bastato a proteggerla dalla malattia.

Affiancava il marito nel lavoro in azienda, ma la sua vocazione era la solidarietà: non si tirava mai indietro quando c’era da dare una mano ed era in prima linea nei progetti di volontariato portati avanti dalla cognata con la sua associazione.

«Aiutava tutti, aiutava il mondo - hanno sottolineato - Aveva un grande senso della famiglia, si prendeva cura del prossimo. Era altruista, sapeva essere il collante nelle relazioni anche più complesse. Era sempre disponibile, è stata un esempio».

La moda era la sua grande passione, insieme ai gatti: ne aveva due (Mia e Leo) e ne era innamorata, ma si preoccupava anche di tutti i felini che incontrava.
Dopo la diagnosi di tumore, non si è mai lamentata. Ha vissuto questi mesi sempre nella speranza e alla fine si è addormentata, lasciando questa Terra in punta di piedi, con la discrezione che la contraddistingueva. L’unico rammarico dei suoi cari è stato non essere riusciti a portare in Italia in tempo, insieme alla madre Jenny, anche la sorella Alexsandra.

L'ultimo saluto

I funerali sono stati celebrati mercoledì nella chiesa di Santa Maria Assunta, gremita per l’occasione (ma tantissime anche le persone che hanno fatto tappa alla camera ardente alla Domus Remondina).

Ci mancherà, è inevitabile, ma più di tutto siamo felici di averla avuta per questi vent’anni,

queste parole condensano il pensiero comune di tutte le persone che hanno avuto la fortuna di incontrarla e apprezzarne le qualità umane. Un dono speciale, quasi un miracolo in una società in cui dilagano l’egoismo e l’indifferenza. Una testimonianza d’amore che rimane, indelebile, impressa nei cuori.

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