Adro

Grande festa per l’ultimo baluardo della tradizione contadina

Gino Lancini, detto Bertì, continua a dedicarsi all’agricoltura come si faceva prima della meccanicizzazione

Grande festa per l’ultimo baluardo della tradizione contadina
Pubblicato:

di Francesca Savoldini

Per la sua sconfinata passione e il legame profondo con la terra, Gino Lancini, detto Bertì, 96enne di Adro è stato celebrato domenica in grande stile.

Grande festa per l’ultimo baluardo della tradizione contadina

Siamo nel 2023, il mondo è cambiato, viviamo in una società tecnologica, dove il lavoro è diventato meccanicizzato e si è perso completamente il contatto con la materia prima, con la terra, con la natura… Persino nell’agricoltura. Eppure c’è chi è rimasto fedele alla tradizione e oggi ne rappresenta un baluardo.

Gli agricoltori moderni, con i loro trattori e tutti quei macchinari agricoli super avanzati, non toccano più nemmeno la terra che lavorano ed è un peccato, perché è solo attraverso il contatto diretto che si può conoscere meglio il proprio terreno e capire di cosa ha davvero bisogno:

questo è quello che ha raccontato Gino Lancini, dai più conosciuto come Bertì, che domenica scorsa, a Torbiato, è stato celebrato, dall’Amministrazione comunale e dal Gruppo Agricoltori, come ultimo vero contadino adrense.

Nato il 3 febbraio del 1927 ad Adro Gino, seguendo le orme del padre e del nonno, impara fin da piccolissimo a curare i campi e il bestiame; ricorda, infatti, che già a 5 anni portava da solo la loro mucca a pascolare e svolgeva piccole mansioni nei campi che allora erano in via San Pancrazio, in Cornaleto ed anche in via Valli, dove c’è il terreno di cui ancora oggi, all’età di 96 anni, si occupa quotidianamente. Con il suo lavoro nei campi, Gino, e il prezioso aiuto della moglie, venuta a mancare 13 anni fa, ha cresciuto due figli: Silvano e Giancarlo.

Purtroppo noi figli abbiamo interrotto la tradizione, abbiamo scelto altri lavori - ha spiegato il figlio Silvano- Ma siamo sempre stati affascinati dalla passione e dall’impegno che nostro padre ha sempre messo in quello che faceva. Ha sempre lavorato tutto manualmente, con tanta semplicità, con tanto amore, perché per lui, il campo era, anzi, è proprio come un figlio.

La festa

L’unico "mezzo" del quale Gino si serviva era un carretto trainato dal suo prezioso cavallo Nanì Paciù, con il quale trasportava fieno, uva e attrezzi per il lavoro nei campi.  Una vita di sacrifici e duro lavoro che domenica è stata giustamente celebrata, con una festa organizzata dai figli, con la collaborazione degli agricoltori adrensi e dell’Agriturismo La Torre di Torbiato. Una sorpresa emozionante per Gino che, visibilmente commosso, ha passato una giornata ricordando e raccontando la sua vita e il suo lavoro.

«Un ringraziamento particolare agli agricoltori che hanno accolto questa nostra idea e che hanno capito che, con mio padre, si chiude un capitolo - ha concluso Silvano - E’ stato sicuramente interessante anche per loro sentire aneddoti di un mondo, di un lavoro che, pur essendo lo stesso, è in realtà molto molto diverso».

Una storia, questa, che ci riporta a un altro mondo, per molti di noi, i più giovani, probabilmente sconosciuto ma che fa parte delle nostre tradizioni e della nostra cultura. Un unico rammarico, confidato da Gino:

Credo proprio che la mia epoca sia finita, faccio fatica ad ambientarmi in questo mondo, in questa società dove gli anziani non vengono considerati, vengono lasciati soli ed ignorati. Ricordo quando ero ragazzo che per noi, i nonni e gli altri anziani del paese erano una risorsa, un punto di riferimento, persone alle quali rivolgersi quando si cercavano delle risposte o dei consigli… Era proprio un altro mondo, in tutti i sensi.

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