Fede

Don Cesare: «I pregiudizi sono segno di debolezza»

Monsignor Cancarini riflette su suicidio, disagio sociale e bisogno di una cultura di accoglienza

Don Cesare: «I pregiudizi sono segno di debolezza»
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La morte del giovane Fabio Agosta che ha deciso di terminare il suo cammino terreno con un gesto estremo impone una profonda riflessione anche in considerazione del fatto che a Montichiari non si tratta di un caso isolato.

È don Cesare Cancarini che condivide alcune considerazioni in merito.

Mentre la bara di Fabio entrava in Duomo sabato scorso è partito un applauso.

"Credo sia un modo per celare un grande disagio difronte alla morte… Morte che è inevitabile ma dobbiamo impegnarci di più per fare in modo che l’esistenza sia più vivibile per tutti e soprattutto dobbiamo fare di tutto perché questo mondo non diventi un inferno, per nessuno".

Gesti estremi che si ripetono in una comunità chiamano tutti a interrogativi responsabili.

"Penso che una comunità umana prima ancora che cristiana non possa non interrogarsi soprattutto di fronte a questa serie di suicidi che sono una grande contestazione di questo mondo, anzi, la forma più alta di contestazione di un mondo che non è pensato e gestito in modo che tutte le persone possano sentirsi a loro agio, è un mondo che accoglie solo chi corrisponde a determinati canoni. Innanzi tutto dobbiamo cambiare l’approccio semantico a questo problema nel senso che non si può più parlare oggi di tolleranza perché la tolleranza ha acquisito un evidente valore negativo. Oggi invece la parola da usare è accoglienza verso tutti, smettendo di categorizzare le persone per quello che fanno o credono ma accogliendo tutti in quanto persone. Dobbiamo smettere di categorizzare, di dividere il mondo degli uomini in normali e anormali e generalmente quelli normali sono quelli che consideriamo simili a noi e hanno le nostre stesse idee. Ecco, quando smetteremo di agire e pensare in tal modo manderemo un messaggio positivo con il quale diremo che tutte le persone non solo hanno il diritto di vivere ma hanno il diritto di esprimersi e di essere quello che si sentono di essere, Dobbiamo cercare di cogliere tutto il bene che c’è nell’altro anche se ci sono realtà e fragilità complesse. Dovremmo evitare le semplificazioni stupide, ogni vita è anche un’esperienza complessa e quindi non dobbiamo metterci in una posizione giudicante quando approcciamo l’altro ma essere accoglienti, soprattutto nei confronti dei più giovani. Ribadisco ancora una volta però che il problema non sono i giovani, siamo noi adulti e anziani. Si nota una incapacità al ragionamento, alla ricerca della verità profonda, una carenza di lettura, di cultura, si leggono solo giornali e autori che confermano le nostre idee e che non ci permettono un’apertura a una visione diversa del mondo. Se noi facciamo riferimento all’esperienza biblica ci dice sempre di questa grande fatica ad accogliere il diverso, l’altro, partendo dal grande ammonimento che c’è nel libro dell’Esodo che recita “Ricordati di accogliere il forestiero perché anche tu sei stato straniero in terra d’Egitto”. Questa è proprio la chiave di lettura dal punto di vista biblico di colui che poi accogliendo anche il messaggio di Gesù inevitabilmente si sente straniero in questa terra ma proprio per questo diventa una persona di relazione, di incontro, di accoglienza. Fare questo ragionamento è difficile soprattutto con gli adulti che partono per la loro tangente di convinzioni e tante volte di pregiudizi".

Essere aggrappati ai pregiudizi è un segno di debolezza dunque?

"È un grande segno di debolezza soprattutto culturale perché non ci permette di leggere la realtà, ci siamo fatti una rappresentazione della realtà in base a racconti di altri ma che non è quello che ci circonda davvero. L’incontro con l’altro invece porta sempre a confrontare due punti di vista per giungere alla verità. Se considero in torto l’altro perché non la pensa come me non c’è più scambio né possibilità di approfondimento, oggi facciamo riferimento a quanti like riceviamo per avere conferme confortanti. Il confronto reale invece aiuta a capire che quello che mi circonda è molto complesso. Noi non siamo fatti per la semplificazione ma dobbiamo accogliere la complessità. Si fa presto per esempio a dire che i generi sono due ma la realtà dice che ci sono persone che fanno scelte diverse, che hanno esperienze diverse che magari dipendono da un contesto complesso o più semplicemente sono scelte inevitabili. Il mondo ha una complessità creativa, generativa. Anche il tema dell’omosessualità molto discusso oggi a livello di ragazzi è un tema da sempre presente nella storia dell’umanità, sempre. Anche in questo contesto dobbiamo riconciliarci con una dimensione che è umana, non posso sempre colpevolizzare, ghettizzare, escludere le persone perché non corrispondo ai miei criteri, persone che non considero normali perché non sono come me. A volte dovremmo farci la domanda se meritiamo l’aggettivo di normale".

Sono affermazioni forti che potrebbero essere considerate dirompenti dette da un prete.

"Se uno cerca di leggere il Vangelo con gli occhi di oggi risulta un po’ “stonato” ma è giusto che sia così perché il Vangelo è sempre rivoluzionario. Se usi il Vangelo per lasciarti interrogare sulla realtà che ti circonda è ovvio che risulti scomodo. San Paolo lo dice chiaramente che la Parola di Dio è una spada a doppio taglio e a volte ti ferisce. Noi andiamo in chiesa per trovare consolazione ma in verità a volte la parola del Signore ci ferisce perché ci fa capire quanto in realtà siamo distanti da lui. Lasciamoci ferire dalla Parola del Signore, lo Spirito Santo consola ma la Parola di Dio ti fa sempre capire quanta strada devi ancora fare, quanto sei ancora distante da quello che devi essere, cioè, noi siamo cristiani ma c’è sempre un cammino di conversione da fare, nessuno può dire d’essere “arrivato” mentre invece oggi la tentazione è proprio questa. E questa tentazione è portata alla sua estrema espressione in quella che oggi sta diventando una moda che stiamo osservando soprattutto nell’esperienza protestante americana che è la “teologia del benessere”, Dio ti rende ricco perché la tua vita lo merita. Dobbiamo stare molto attenti perché questo è anti evangelico anche se nasci in un contesto cristiano. Gesù ha detto beati i poveri, beati i misericordiosi, beati i poveri di spirito, non ha detto beato chi ce la fa sugli altri ma beato chi si mette accanto agli altri, chi porta i pesi degli altri. Troppo spesso ci si richiama ai valori cristiani ma allo stesso tempo li si contraddice radicalmente".

Alcuni gesti e comportamenti dei giovani impongono una riflessione ma anche di agire.

"Siamo in un momento molto complesso, sono cinque anni che lo dico ma i miei appelli cadono nel vuoto. Cosa aspettiamo a metterci insieme per capire e magari aiutare i nostri giovani?"

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