A 42 anni dalla morte diventa l’eroe di Canton Mombello

A 42 anni dalla morte diventa l’eroe di Canton Mombello
Pubblicato:
Aggiornato:

Entro la fine di aprile Canton Mombello sarà intitolato all'appuntato Nerio Fischione, Medaglia d'argento al valor Militare e Vittima del Dovere, ucciso a Brescia nel 1974, a 42 anni, nel tentativo di sventare un’evasione. La scelta viene dal Capo del Dipartimento penitenziario Consolo Santi che ha deciso di riconoscere quarantadue anni dopo il sacrificio di un uomo morto da eroe. E' il 5 agosto quando a Canton Mombello tre detenuti mettono in atto un tentativo di evasione. Con un gesto imprevisto Nerio Fischione si chiude alle spalle un cancello bloccando la via d'uscita ai tre delinquenti, uno di loro decide dunque di sparare all'agente che muore il 13 agosto in ospedale, dopo aver sventato l'evasione.

«Papà li ha trovati, ha cercato di parlarci e dissuaderli, c’è stata una sorta di colluttazione dalla quale sono partiti 5 colpi di pistola» spiega il figlio Fabio Fischione, residente a Bedizzole, «Chi l’ha ucciso era molto giovane, tra i 21 e i 23 anni e questo mi ha fatto molta impressione. Io avevo solo un anno, mia sorella appena 8, tutto ciò che so' di lui e dell'accaduto l'ho appreso da mia madre, dai miei parenti e dai giornali. Mi dicevano che era una persona mite, buona e benvoluta e che adorava il suo lavoro. Lo Stato ci è sempre stato vicino: immediatamente è arrivata la medaglia d’Argento al valore militare, una targa in suo onore e sostegno a mia mamma, rimasta vedova. Quello che ricordo io sono le cerimonie di commemorazione da piccolo, che mi hanno accompagnato ogni anno fino alla metà degli anni ottanta. Sono cresciuto con l’idea di mio padre come un eroe e lo Stato mi ha sempre invitato a continuare a crederlo. Nel 2009 hanno fatto un monumento commemorativo a Roma con tutti i caduti della Polizia Penitenziaria e siamo stati invitati io e la mia famiglia. Quest'anno invece a Pasqua siamo stati invitati a fare la messa con i detenuti di Canton Mombello nella chiesetta del carcere, è stato un bel segno» Fabio oggi ha 43 anni e assicura che «Non ho mai avuto manie di vendetta nei confronti di chi ha ucciso mio padre, in verità non mi sono nemmeno informato su chi fosse o cosa avesse fatto, non mi è mai interessato, in parte perché l’esperienza ti rende fatalista. Mi fa molto piacere che anche a distanza di anni si sia deciso di fare questa intitolazione. Si parla sempre male dello Stato e delle istituzioni, ma quando capitano queste cose e ci sei dentro capisci che non è vero. Mio padre si è sacrificato per altruismo e senso del dovere e lo Stato lo ha sempre onorato per questo, mi verrebbe quasi il desiderio di ricambiare il piacere. Senza il ricordo non rimane nulla».

Mattia Saponara 


Seguici sui nostri canali