SPOSI DA 76 ANNI: UN RECORD!
Se i 50 e i 60 anni di unione sono un traguardo importante, i 76 anni sono davvero riservati a pochi, pochissimi fortunati. Come Rina Bertasi e Giuseppe Lazzaroni, «Pinì» per tutti, uniti da un legame inossidabile dal 30 novembre 1940.
Così in occasione del 76esimo anniversario, con il pensiero di un momento, hanno rivisto il film di una vita. Un film fatto di rispetto, solidarietà, dignità, orgoglio: i pilastri fondanti della loro famiglia. Nel loro ricordo, nel ricordo dei figli Franco, Vigilio, Angiolino e nipoti è un susseguirsi di episodi, sensazioni, particolari che dimostrano la riconoscenza a due persone, prima ancora che genitori e nonni, impegnate nella loro vita insieme a creare condizioni familiari sempre migliori pur attraversando contingenze storiche complicate. «Una coppia molto affiatata, sia prima che adesso - ha spiegato il figlio Vigilio - certo negli anni ci sono state le solite discussioni che ogni famiglia ha». Ma il segreto, che hanno svelato anche ai figli, lo conosce bene Rina: «Bisogna sopportare», e anche Giuseppe concorda. Sopportare i piccoli sbagli, le sfaccettature del carattere che piacciono meno, i difetti, ma anche condividere e «parlare sempre apertamente».
Da Rovato a dieci anni lui si è trasferito alla cascina Carbonere dove lei, originaria di Visano, viveva. Il loro primo incontro è proprio avvenuto lì, nella popolatissima Carbonere, durante una delle tante feste sull’aia correva l’anno 1938, due soli anni di fidanzamento e poi il matrimonio il 30 novembre 1940 nella chiesa parrocchiale di Ghedi. Dal 1941 Pinì è stato salariato agricolo alla cascina Bonifica dei signori Belluati fino agli anni ‘70, poi muratore nell’impresa di Battista Bozzoni. E intanto la famiglia si allargava con Franco, Angiolino e Vigilio. Sul posto di lavoro Pinì si è fatto conoscere per ciò che era: un gran lavoratore, anche per questo i suoi datori di lavoro lo hanno «tenuto in grande considerazione». Infaticabile ha trasmesso ai figli il senso del rigore, dell'aiuto reciproco, dell'essere persona onesta, senza «sgarrare», e loro, non appena terminata la scuola sono stati «messi al lavoro»: il proprietario della cascina in cui abitava e lavorava con un ruolo di responsabilità, aveva assunto anche i figli.
Il ricordo dei figli è quello di un «babbo che non faceva sconti», lavorare si doveva senza accampare scuse, sempre pronto ad imparare e mettere in pratica: lui stesso ha dato l'esempio ed è arrivato a costruirsi, insieme ai figli, la villetta in cui, una volta trasferitosi dalla cascina al paese, ha vissuto. Se Giuseppe, severo, non si esprimeva in particolari dimostrazioni di affetto, è stata sempre Rina, la mamma, disponibile sia a coprire qualche piccola marachella, difendendo apertamente chi rincasava tardi o aveva eluso le raccomandazioni paterne, che a lasciarsi andare «con una carezza in più», dedicando un po’ del suo tempo ai bambini pur essendo impegnata nelle mille incombenze della gestione casalinga. Non è stato semplice superare gli anni ‘40-’50. La guerra prima, lo stato della ricostruzione poi hanno reso la vita più difficile, ma ci si arrangiava, si teneva l'orto, si allevavano polli e conigli. Hanno sempre cercato di risparmiare, soprattutto nelle difficoltà, ma anche quando, migliorate le condizioni economiche «ci si poteva concedere qualcosa di più».
Dopo avere dato tanto per raggiungere un certo benessere, dopo aver visto il matrimonio e la sistemazione dei tre figli, la nascita di otto nipoti e di nove pronipoti, oggi Rina e Giuseppe - 95 anni lei, 98 lui - assaporano la soddisfazione di essersi fatti compagnia, di avere attraversato la vita insieme in grande sintonia, di avere raggiunto un traguardo tanto invidiabile. Anche la Casa di riposo di Ghedi, dove da qualche tempo sono ospiti, li ha festeggiati proprio mercoledì con l’immancabile taglio della torta, circondato dall'affetto dei tre figli dei loro otto nipoti e nove pronipoti con gli auguri del presidente Federico Casali, del consiglio, di tutti gli ospiti e del personale.