L'asilo dei cani. Siamo alla follia

L'asilo dei cani. Siamo alla follia
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Adoro gli animali in genere, ho una predilezione speciale per i cani. Proprio per questo rivendico la tutela della loro natura animale per intero, con la totale salvaguardia di una sovrana dignità canina che i nostri amici a quattro zampe meritano assolutamente. Amore per il cane significa trattarlo con rispetto senza cedere allo stupida pretesa di vederlo quasi antropomorfizzato attraverso una serie di pseudo attenzioni che invece di fatto limitano o cancellano le sue intrinseche caratteristiche.

Ho sentito recentemente su un’emittente radiofonica nazionale la notizia che avrebbero inventato un servizio di asilo con tanto di dog-bus allo scopo di ricoverare a ore o per intere giornate i cagnolini di altrettanti indaffarati quanto apprensivi padroni. Lo scuolabus si ferma puntuale alle nove del mattino alla fermata indicata e imbarca, con destinazione bauasilo, i pargoli pelosi, tra baci, abbracci accorati e ciao ciao con la manina. In cotanta sceneggiata si annusa profumo di pariniana ‘vergine cuccia’: un’atmosfera intrisa di tanti soldi e tanta noia, conditi da una dose cospicua di vuoto a ogni livello. Ha ragione il commentatore della trasmissione: fanno bene ad approfittarsene, un po’ come capita agli incantati dalla cucina creativa, che, tra sprezzemolature e ghirigori balsamici, vedono lievitare il prezzo in modo vertiginoso rispetto al nulla assoluto del piatto.

Ma insomma, in quel di Treviso le cose funzionano così: si insegnano a fido le buone maniere ‘a tavola’, a fare i propri bisogni quando e dove è più opportuno, a non essere mai troppo invadenti. A comportarsi da ometti insomma, come bon ton suggerisce. E all’asilo non mancano di certo momenti ricreativi né destinati al relax. Nuoto anche riabilitativo, palestra su tapis roulant e perfino lezioni di danza sono a disposizione dei ‘clienti’ che, dopo tanto impegno, possono rilassarsi in una spa attrezzata appositamente, con tanto di maschera e toilettatura completa.

Purtroppo non è una barzelletta e se sto esagerando è solo per difetto, con la quasi certezza di aver omesso altri importanti particolari. Eppure non è affatto uno scherzo, anche se vorrei tanto che lo fosse perché la follia non è più solo rasentata, in questa nostra società, ma ci si propone come un dato di fatto conclamato, diffuso e condiviso. Chi ricorda Il sistema del dottor Catrame e del Professor Piuma di Poe, capirà meglio. L’iper relativismo di oggi rende tutto possibile e plausibile e a scandalizzarsi sono semmai quei pochi che, fidando in una solida base culturale, non si lasciano trascinare dalle mareggiate delle mode fino a scambiare il naufragio per approdo.

Un cane trattato da cane costa un mucchio di fatica, questa è la verità. Occorre assecondare le sue esigenze, capire che agisce sotto l’imperio di voci ancestrali legate alla sua ‘lupinità’, che ama afferrare porcherie immonde, che quando si mette a scavare una buca per sotterrare il suo osso compie un rituale preciso dopo il quale si riduce color del fango. Ma il cane è questo, ha le sue logiche, i suoi tempi, e tutta una serie di bisogni che non può condividere con noi umani, semplicemente perché fanno parte del suo mondo che a noi è estraneo. Certo arriva il momento delle coccole, e lui è forse l’unico che ci accoglie a dovere non appena si varca la soglia di casa e ci ricambia con il suo sguardo e tutto l’affetto che riesce a dimostrare. Più che sufficiente per noi e per lui che, se potesse parlare, certamente chiederebbe solo di essere lasciato convenientemente in pace, con le sue abitudini incomprensibili e in apparenza bislacche.

Quanta arroganza invece nel pretendere di piegarlo al nostro stile di vita, quanta presunzione modaiola nell’imporgli ritmi tristissimi da dopolavoro bancario, come se fosse il massimo delle possibili realizzazioni. E invece la povera bestia si vede vestita, infiocchettata , incappottata e imparruccata come una star del cinema muto, per poi magari andare a finire nelle mani dello psicoterapeuta canino di turno. Purtroppo è davvero spesso così e anche stavolta non vi sto prendendo in giro: naturalmente chi si occupa di questo fa benissimo a ‘cavalcare la tigre’, che a quanto pare è felicissima di essere montata. In realtà tutto quadra: una volta snaturata l’indole di un animale, è ovvio che si assista a una perdita di identità, a disorientamento comportamentale e a forme anche di pericolosa aggressività. Se un cane, invece che essere lasciato alla sua completa libertà di espressione, lo si condiziona con abitini e lustrini, scuole di ballo e palestre, mangiarini costosi da grand gourmet, è ovvio che finisca per invincibile stress sul lettino delle strizzacervelli.

A cosa gli possa servire non mi è dato saperlo, ma in quest’epoca in un cui l’assurdo si celebra e glorifica grazie al suo stuolo di sacerdoti non mancherà qualcuno pronto a spiegarlo. Che dire? Io sono al mio terzo fox smooth terrier, che adesso è un vecchietto di quattordici anni suonati. Artù è sempre stato trattato secondo il proprio lignaggio, ovviamente, ma mai sottratto ai territori del suo regno, fatto di cacce ai gatti, alle galline e a tutto ciò che sospetti possa muoversi in terra o volare per aria. Non sempre si è comportato impeccabilmente e dopo svariate marachelle ha spesso inalberato un’espressione incolpevole, identica a quella di Montmorency, nei Tre Uomini in Barca, per tacer del cane di Jerome K. Jerome. Ma Artù è vissuto e vive felice seguendo i dettami del suo istinto che, a suo totale estro, si incrociano con l’irrinunciabile impulso umano a volergli bene.

 

di GUIDO GUIDI GUERRERA


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