Incontro

Pagine di vita strappate all’oblio nel libro di Caterina Scaratti

La scrittrice di Rovato ha presentato il suo esordio in biblioteca: una storia fatta di sacrifici, ricordi spensierati, momenti intimi

Pagine di vita strappate all’oblio nel libro di Caterina Scaratti

di Alessandra Pontoglio

La storia di una famiglia nel Novecento bresciano. Una storia fatta di sacrifici, ricordi spensierati, momenti intimi. Un periodo dove bastavano poche cose, come un semplice ditale per cucire, un’uscita all’oratorio per vedere film, ricevere delle caramelle e un po’ di frutta, per stare bene. Un periodo non così distante, eppure così diverso da oggi, dove ogni cosa è a portata di mano. Questo è quello che si percepisce fin dalle prime righe di “Quella volta che mi tagliai le trecce”, opera prima di Caterina Scaratti. Il libro, pubblicato in autonomia, è stato presentato nel pomeriggio di sabato 15 novembre all’interno della cornice della biblioteca comunale. In questa occasione, il pubblico ha potuto scoprire il volume attraverso le parole della stessa autrice.

Pagine di vita strappate all’oblio nel libro di Caterina Scaratti

A inaugurare l’incontro Ivano Bianchini, che ci ha tenuto a sottolineare come questo non sia un romanzo di fantasia, ma, al contrario, “si tratta di pagine di vita vera di un passato ormai così distante dalla vita moderna, in cui ci si ritrova immediatamente travolti nella vita di questa grande famiglia”. Intervistata dalla giornalista di Chiariweek Alessandra Pontoglio, Caterina ha spiegato le origini dei suoi diari, nati molti anni prima. “Ho iniziato a scrivere nel 1997, poco dopo la morte di mia mamma. L’avevo sognata e allora ho messo per iscritto questo mio sogno. Da allora ho raccontato molto di me, in questi diari. L’ho fatto per me, per tenere con me quei ricordi e per tramandarli ai miei figli e nipoti. Ma non ho mai pensato di renderli pubblici finché mia figlia Barbara non mi ha convinta a farlo”. Barbara Zanetti, che era anche moderatrice dell’incontro, ha intervallato l’intervista con delle letture di estratti dal libro, insieme ad altri componenti della famiglia. In questo modo il pubblico ha avuto un’immersione completa nel racconto, tra aneddoti divertenti, come quello da cui prende il titolo dell’opera: “Mio padre voleva che io e le mie sorelle tenessimo sempre i capelli lunghi, rigorosamente raccolti con delle trecce – ha raccontato Caterina – Io un giorno però ero stufa di tenerle. Mi davano fastidio, così decisi di tagliarle con le forbici. Ricordo solo la reazione di mio cugino, che mi disse che appena lo avrebbe saputo mio papà si sarebbe arrabbiato molto. In effetti aveva ragione. La sera, quando mi vide, mi sgridò. Mi disse che l’anno dopo, una volta ricresciuti i capelli, avrei riavuto le trecce e mi mise in punizione”. Non sono mancati nemmeno i momenti più toccanti, per esempio il periodo in cui il padre lavorava in Francia. A quel ricordo è seguita la lettura di una sua lettera dell’epoca, che Enrichetta, sorella di Caterina, ha condiviso con il pubblico. “Lui ci raccontava che era pagato bene e la sistemazione era comoda. In realtà non era così. Tutti dormivano sulla paglia in un sottoscala, al freddo e all’umido. Nelle lettere ci diceva che andava tutto bene per non farci preoccupare. La realtà spesso è dura da raccontare, allora si inventano storie”.

Le motivazioni della pubblicazione

Ma che cosa possono trasmettere a un giovane quei frammenti di vita su carta? “E’ vero che ho pubblicato i miei scritti per lasciare qualcosa della mia vita alla famiglia, ma per una persona giovane che si vuole approcciare al mio libro vorrei che gli restasse un insegnamento, cioè di capire il significato di ciò che sta leggendo”. Insegnamento che, secondo Caterina, con una lettura non basterebbe. “Leggere una volta si capisce ben poco del significato delle cose, se lo leggi due volte allora riesci a metterti in testa le cose che sono successe, anche quelle brutte. Io stessa l’ho letto quattro volte. Ma in generale il mio consiglio è di leggere qualsiasi libro, perché leggere porta molto lontano”. “Quella volta che mi tagliai le trecce” non è solo il racconto di un’epoca passata, è un promemoria affettuoso di quanto i ricordi di famiglia siano preziosi. Nelle sue pagine non troviamo semplicemente aneddoti del Novecento bresciano, ma anche istantanee di momenti che rischierebbero di svanire se nessuno li mettesse per iscritto. Sono frammenti di vita quotidiana, gesti semplici e scene domestiche che, una volta fissati in un libro, diventano un patrimonio inestimabile che supera quello di qualsiasi oggetto materiale. È questo il valore più grande di questo volume: ricordarci che le storie di famiglia meritano di essere custodite, perché sono loro a dirci chi siamo e da dove veniamo.