Bracconaggio nel Bresciano: 67 i soggetti denunciati.
In viaggio verso lo svernamento nel Mediterraneo
Anche quest’anno i Carabinieri Forestali sono scesi in campo per garantire la tutela delle specie di avifauna costrette a migrare da aree divenute non più ospitali a causa della riduzione di cibo e di risorse disponibili verso quelle di “svernamento” situate nel Mediterraneo e nel continente africano. Centinaia di migliaia di uccelli che, guidati da un innato richiamo e percorrendo rotte ataviche, sfidano con resilienza non solo le avversità naturali, ma anche gli atti di bracconaggio.
In particolare, le Prealpi lombardo-venete, per la loro posizione geografica, rappresentano un importante punto di passaggio lungo le rotte migratorie dei piccoli passeriformi, costituendo una ricchezza inestimabile in termini di biodiversità. Una concentrazione imponente di uccelli appartenenti a specie fortemente minacciate e pertanto protette da leggi nazionali e convenzioni internazionali, i quali, stremati dalle lunghe distanze percorse, risultano particolarmente vulnerabili, in particolar modo sui valichi montani, veri e propri “colli di bottiglia” per la migrazione.
Bracconaggio nel Bresciano: i dati
A parlare sono i dati: il bilancio parziale, aggiornato al 15 ottobre 2025, delle attività compiute in provincia di Brescia da parte dei Nuclei Carabinieri Forestali del Gruppo di Brescia, rinforzati dal dispositivo dell’ ”Operazione Pettirosso” messo in atto dal Comando Carabinieri per la Tutela della Biodiversità e dal Raggruppamento Carabinieri CITES, tramite la Sezione Operativa Antibracconaggio e Reati in Danno agli Animali (SOARDA), in sinergia con le Stazioni e Compagnie Carabinieri del Comando Provinciale dell’Arma dei Carabinieri di Brescia, conferma la recrudescenza del fenomeno del bracconaggio.
Sono stati denunciati 67 soggetti per reati contro l’avifauna selvatica, sequestrati 903 uccelli abbattuti ed oltre 264 esemplari vivi catturati illegalmente, 582 dispositivi di cattura illegale, 106 reti da uccellagione, 46 armi, 2286 munizioni e 1 kg di polvere da sparo.
Gli strumenti illegali maggiormente utilizzati dai bracconieri risultano ancora essere richiami acustici a funzionamento elettromagnetico, reti da uccellagione, gabbie-trappola o, nei casi peggiori, archetti e trappole metalliche in grado di imprimere gravi sofferenze alla fauna, lasciata viva e agonizzante per ore.
I casi in Franciacorta, Valtrompia e Valcamonica
Tra le attività svolte si evidenzia un caso in Franciacorta in cui 3 soggetti, colti in flagranza di reato esercitando la caccia utilizzando richiami acustici a funzionamento elettromagnetico e abbattendo esemplari di avifauna protetta e particolarmente protetta, a distanza di pochi giorni sono stati nuovamente denunciati in quanto recidivi.
Sono stati poi scoperti due siti di cattura nei boschi: uno in Valcamonica con 36 trappole di tipo “archetto” e uno in Valtrompia con 106 trappole a tagliola note come “sep” e 5 trappole a scatto con rete “prodine”, prontamente disarmate, rimosse e poste sotto sequestro, unitamente all’avifauna protetta rinvenuta morta all’interno delle trappole.
Le responsabilità
Le persone identificate, le cui responsabilità penali dovranno essere provate in giudizio alla luce del principio della presunzione d’innocenza, dovranno rispondere a vario titolo per i reati di furto aggravato di fauna selvatica (bene indisponibile dello Stato), maltrattamento e uccisione di animali, detenzione non consentita di specie protette e particolarmente protette, uccellagione, esercizio della caccia con mezzi vietati, detenzione e porto abusivo di armi e munizioni.