L’anno scorso un’indagine del Centro Studi di Confindustria Brescia titolava “Mismatch e Made in Brescia – Un ostacolo oggi, un problema domani?” presentando un dato sconfortante sulla ricerca dei talenti: 9 aziende manifatturiere bresciane su 10 faticano a trovare le figure professionali necessari. Vista la forte trasversalità del fenomeno, Confindustria aveva evocato in quell’occasione il termine “emergenza strutturale” a sottolineare la gravità della situazione nel campo della ricerca e selezione del personale.
Per combattere un ormai generalizzato disallineamento tra domanda e offerta di lavoro che pesa sulle imprese dell’intera provincia di Brescia è stato fatto tanto: si pensi agli interventi pubblici, alle academy aziendali, ai percorsi ITS e ai vari percorsi ibridi attivati negli ultimi anni, nonché alle varie iniziative per affrontare sia le sfide della transizione ecologica, sia quelle poste dalla digitalizzazione.
A dimostrare quanto il mismatch sia diffuso ci sono i tanti annunci di lavoro sui siti aziendali di imprese e società bresciane, presenti da mesi senza nessun risultato, sapendo peraltro che – come sottolineato da Confindustria – gli stipendi proposti in media nel territorio provinciale sono superiori alle cifre riportate nei contratti nazionali.
«Le imprese bresciane stanno affrontando in modo acuto un mismatch tra domanda e offerta di lavoro che è in realtà generalizzato in tutta la Lombardia e in tante altre aree italiane» spiegano gli head hunter di Adami & Associati, società di ricerca e selezione del personale lombarda attiva in tutte le più grandi città italiane, aggiungendo che «al di là delle politiche messe in campo a livello nazionale e locale, ogni impresa ha a disposizione diversi strumenti per rendere più efficace l’attraction di professionisti qualificati».
Nella piena consapevolezza che l’ostacolo del disallineamento tra domanda e offerta non verrà risolto in pochi mesi, dunque, ogni impresa desiderosa di mantenersi competitiva è chiamata dunque a lavorare sul proprio employer branding, sul recruiting marketing, nonché sullo sviluppo di una cultura aziendale positiva. Si spazia quindi dalla definizione di un’efficace strategia di benefit aziendali fino alle azioni volte a creare una cultura aziendale inclusiva.
«Si rende poi ovviamente necessario concentrare gli sforzi sul momento più importante nella costruzione di un team professionale, ovvero sul processo di ricerca e di selezione del personale qualificato» spiegano gli esperti di Adami & Associati. Contattando un head hunter a Brescia si potrà infatti avere la preziosa opportunità di coinvolgere nel processo di ricerca del personale dei professionisti con le effettive competenze ed esperienze richieste, superando così agevolmente i limiti dettati dal disallineamento. «Un head hunter specializzato in un determinato settore, come per esempio nel manifatturiero, può contare su un ampio e approfondito network di contatti all’interno del comparto, nonché su una conoscenza approfondita delle competenze, delle qualifiche e dei trend del settore; a partire da questi elementi può dunque proporre la nuova offerta di lavoro a un buon numero di professionisti con i giusti requisiti – i cosiddetti candidati passivi – raggiungendo tutt’altri risultati rispetto a quelli dei classici processi di recruiting, basati sulla sola pubblicazione di annunci di lavoro» sintetizzano i cacciatori di teste.
Con la tecnica dell’head hunting è dunque possibile coinvolgere nel processo di ricerca del personale anche dei professionisti che non risultano alla ricerca attiva di un nuovo lavoro, e che quindi non avrebbero mai visto l’annuncio di lavoro pubblicato dall’impresa; grazie al contatto dell’head hunter e a una buona presentazione dell’impresa, è possibile far scattare l’interesse per la posizione aperta, così da dare una vigorosa spinta al processo di ricerca e selezione del personale.