In un Mondo che spesso proclama attenzione e inclusività verso le persone più fragili, esistono storie che raccontano tutt’altro. Storie di dolore ignorato, di diritti calpestati, di voci che nessuno ha voluto ascoltare. È il caso di Milena Del Vecchio e di sua figlia Vittoria, una ragazza con disabilità non verbale, che ha vissuto mesi di sofferenza inspiegabile, ignorata da chi avrebbe dovuto curarla. La loro è una battaglia lunga quattordici anni, combattuta tra ospedali, porte chiuse, indifferenza istituzionale e rabbia materna. Una battaglia che ha finalmente trovato giustizia, ma che lascia aperte ferite profonde. Raccontarla significa dare luce a chi vive ai margini del sistema, troppo spesso dimenticato.
Il racconto di mamma Milena
«Era il gennaio del 2010, un inverno pungente segnato da nebbia fitta e da un incidente mortale nei pressi della galleria di Lonato» inizia così il racconto di Milena. In quello stesso momento buio, dall’ospedale Civile di Brescia Milena Del Vecchio osservava il frenetico movimento di ambulanze ed elicotteri. Non poteva ancora sapere che quello sarebbe stato l’inizio di un calvario lungo anni, vissuto accanto alla figlia Vittoria, disabile non verbale, ricoverata nel reparto di odontostomatologia per una bonifica dentaria.
I medici rassicuravano: nessuna carie, nessun problema evidente.
«Le prime settimane sembravano procedere normalmente, finché Vittoria iniziò a mostrare segni di irrequietezza estrema, pianti inconsolabili. I medici rassicuravano: nessuna carie, nessun problema evidente. Eppure, la bambina continuava a soffrire».
La madre, inascoltata, bussò a molte porte, cercò risposte ovunque, fino a quando – grazie a un’intuizione notturna – decise di tornare al Cerris di Verona, «dove Vittoria era stata seguita fino al 2009, prima che una delibera regionale vietasse l’accesso ai pazienti fuori regione. Proprio lì, la dottoressa Elena Pozzani riscontrò una situazione drammatica: carie multiple, infiammazioni gravi, infezioni che nessuno a Brescia aveva saputo (o voluto) vedere. La bambina stava male, molto male, e lo diceva con il suo corpo. Ma nessuno l’aveva ascoltata».
Il dolore della madre si fece rabbia. Milena denunciò il caso, ma «ogni tentativo di confronto fu respinto con arroganza – racconta – dal primario del reparto, il professor Dante Burlini. Le sue parole, riferite alla piccola Vittoria – “Se avesse avuto male l’avrebbe fatto capire” – rimangono come un marchio indelebile nella mia memoria. Da quel momento urlavo vendetta».
Il Tribunale di Brescia ha riconosciuto «la responsabilità degli Spedali Civili per omissione di cura
Dopo un lungo percorso, Vittoria venne finalmente operata a Negrar di Verona: otto ore in sala operatoria, cinque denti estratti, numerose carie curate. Ma i danni ormai erano fatti. Anni dopo, una sentenza del giudice De Leonardis del Tribunale di Brescia ha riconosciuto «la responsabilità degli Spedali Civili per omissione di cura, rilevando danni permanenti nella paziente». Nel suo racconto, Milena Del Vecchio ringrazia il giudice tutelare Maria Chiara Gaetani, l’avvocato Ada Bugada, la dentista Cecilia Antonioli, il marito e la fede.
«Non è mai stata una questione di soldi o di rivalsa bensì di dignità e rispetto. Per una bambina che non può difendersi da sola. Per una figlia che merita ascolto, cura, dignità. Di fronte alla sofferenza, voltarsi dall’altra parte è il peccato più grande».
Una storia che interroga le coscienze, che chiede attenzione per chi non ha voce. E che ricorda, come ammonisce la madre, «che la vita è un cerchio. E tutti i nodi, prima o poi, vengono al pettine».
Simbolo di una battaglia più grande
La storia di Milena e Vittoria non è solo una vicenda personale: è il simbolo di una battaglia più grande, che riguarda la dignità, l’ascolto e il rispetto dovuti a ogni essere umano, soprattutto ai più vulnerabili. È la dimostrazione che il dolore, quando viene ignorato, può diventare ingiustizia, ma anche che l’amore ostinato di una madre può trasformarsi in forza, resistenza e, infine, verità riconosciuta. Oggi finalmente Milena e tutta la sua famiglia hanno avuto la loro «Vittoria».