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Locomotiva n.1 a Brescia: terminati i lavori di restauro

Ora la N. 1 è stata restituita alla città dopo un attento lavoro di restauro

Locomotiva n.1 a Brescia: terminati i lavori di restauro

Locomotiva n.1 a Brescia: terminati i lavori di restauro.

Terminati i lavori di restauro alla Locomotiva n.1

Sono giunti a termine i lavori di restauro della Locomotiva n.1 a Brescia, storica  motrice ferroviaria della Società Nazionale Ferrovie e Tranvie che, dopo aver percorso circa 2,5 milioni di chilometri, dal 17 settembre 1961 si trova nel piazzale del bastione San Faustino del Castello di Brescia, rappresentando il primo esempio italiano di monumento ferroviario. Ora la N. 1 è stata restituita alla città dopo un attento lavoro di restauro.

 

Brevi cenni storici

La locomotiva n. 1, uscita alla fine del 1906 dalle Casa delle Costruzioni Meccaniche di Saronno, attiva dal 1887 al 1918 e per decenni filiale italiana della Maschinenfabrik Esslingen AG, divenne operativa da subito, dal 1907, sulla tratta Brescia-Cremona passando per Iseo-Edolo-Rovato-Soncino. La N° 1 della Società Nazionale Ferrovie e Tranvie, “faceva parte di un ordinativo 0-3-0 di sette macchine a rodiggio con distribuzione sistema Allan realizzata dalle Costruzioni Meccaniche di Saronno” “con il n. di fabbrica 284 e consegnata alla S.N.F.T. sul finire del 1906, anche se i dati disponibili la danno come immatricolata, unitamente alle altre sei unità, solo nel 1907.

A seguito dell’aumento del traffico e dell’estensione della rete ferroviaria, le locomotive del gruppo 1 vennero utilizzate per il trasporto passeggeri senza comunque disdegnare il loro impiego nel servizio trasporto merci. Successivamente al conflitto mondiale, l’attività della locomotiva proseguì fino agli anni ‘60. Con l’avvento dei mezzi Diesel della Breda, il destino di dismissione della n° 1 sembrava segnato; sul finire del 1959 iniziò gradualmente la sostituzione dell’intero Parco a vapore. Dalla seconda metà del 1961 la locomotiva già sostava sullo Scalo Merci F.S. di Via Dalmazia.

La determinazione di tutti i soci del Club Ferromodellismo Bresciano, costituitosi in quegli anni, ed in particolare, come recita la cronaca locale, della signorina Dada Bruneri, resero possibile la “cessione formale” della Macchina della S.N.F.T. al Club, alla “simbolica cifra di 1 lira”, anche se ad oggi non esistono documenti registrati che testimoniano tale passaggio. Alla determinazione del Club si aggiunse la disponibilità della ditta di trasporti eccezionali Besenzoni, che attuò l’impresa di portare la “Leonessa D’Italia” di 330 quintali, in Castello.

Il momento più delicato, così come riportano dalle cronache, fu il passaggio sul ponte levatoio, opportunamente rinforzato e protetto, unitamente al portone d’ingresso, che subì una piccola modifica temporanea del rosone dell’inferriata superiore, per consentire alla locomotiva con il suo “duomo” di poter varcare la soglia del Falcone d’Italia. Per facilitarne il trasporto, la locomotiva venne privata della cabina, del fumaiolo, della cassa laterale destra dell’acqua e del complesso dei cilindri sul medesimo lato, rendendo più agevole il transito e le manovre conseguenti.

Il 17 settembre 1961, dopo aver percorso ben 2.500.000 Km, venne inaugurato, per volontà del sindaco Bruno Boni, il primo Monumento alla “locomotiva a vapore” e collocato nel piazzale del bastione San Faustino in Castello, in ricordo del lavoro e del sacrificio del popolo bresciano.

Nel 2007, per la prima volta dopo l’inaugurazione, si intervenne sul manufatto monumentale attraverso il consolidamento/sostituzione del basamento – costituito da un tratto di binario sopraelevato – ed altri “interventi tampone” di ripristino delle superfici eseguiti “…dagli addetti delle ferrovie dello stato e dell’impresa Schiavone” così come recitava la targa apposta sul lato nord della cabina della locomotiva e oggi rimossa per restituire l’immagine originaria della locomotiva, grazie  ad un’attenta e puntuale attività di restauro filologico.

 

Il percorso progettuale e realizzativo

Nel 2022 l’Unità di progetto monumentale del Comune di Brescia, nella consapevolezza di poter restituire un bene monumentale particolare, unico e identitario della città di Brescia, ha iniziato un percorso progettuale, predisponendo la documentazione relativa ad un intervento di pulizia e restauro, inviata alla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia, che ha rilasciato specifica autorizzazione in giugno 2022.

Considerata l’opportunità di evitare per quanto possibile la presenza di cantieri durante l’anno 2023 Capitale della cultura Bergamo e Brescia, il percorso di intervento è stato ripreso nel 2024, con l’aggiornamento del progetto per il servizio di pulizia e recupero e la selezione della ditta affidataria con una necessaria specializzazione in grado di effettuare tale servizio. L’incarico di realizzazione è stato affidato alla ditta SOCEB srl di Brescia – Provaglio di Iseo, realtà del territorio bresciano esperta nel settore ferroviario, che è stata ritenuta un operatore economico adeguato per procedere nell’attività di restauro individuata.

Già in fase progettuale, di concerto la funzionaria dell’Ente di tutela dott.ssa Silvia Massari, ci si è resi conto che la tipologia di manufatto, sicuramente particolare rispetto agli oggetti normalmente trattati in ambito monumentale, richiedeva la presenza di una professionalità esperta in merito alla conservazione e restauro di metalli applicati a beni tecnico-scientifici. Il Comune ha quindi affidato l’incarico di supporto al responsabile del procedimento per l’assistenza tecnico scientifica alla restauratrice Marianna Cappellina, Responsabile Conservazione e Restauro del Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano.

La progettazione è partita dall’analisi dello stato di degrado della Locomotiva. Le indagini condotte in via preliminare hanno permesso di individuare, per quanto visibile, il degrado della superficie ferrosa, di quella lignea e delle vernici. I sondaggi effettuati sul lato nord della locomotiva, in particolare sulla cassa dell’acqua, sulla lanterna, sulle ruote, sulle bielle del rodiggio e sulle targhe, hanno sottolineato da un lato la presenza di numerosi strati di vernice nera e dall’altro la presenza di vari metalli come: il bronzo, per le targhe storiche, il rame, per le borchie delle lanterne anteriori, la ghisa e l’ottone (ora in evidenza) per le ruote.

L’utilizzo della vetroresina e di alcuni inserti in lamiera, utilizzati in passato per “tamponare” le lacune ossidative che si stavano evidenziando, ha peggiorato notevolmente la consistenza della lamina ferrosa. L’umidità, gli sbalzi termici, le infiltrazioni in atto, hanno sollevato e rigonfiato lo stato protettivo, favorendo l’ossidazione con perdita di materia; perdita di materia ancor più evidente durante la fase dell’idrosabbiatura, resasi necessaria per bloccare ed eliminare il processo ossidativo in atto, facilitando la rimozione di porzioni consistenti di lamine totalmente ammalorate ed irrecuperabili.

L’attività di restauro, con l’apporto di competenze plurime e specifiche, si è svolta con particolare attenzione a tutte le fasi di seguito elencate:

Fase 1 – attività preliminari

  • lavaggio preventivo mediante idropulitrice a bassa pressione;
  • smontaggio di tutti i componenti e accessori asportabili, per permetterne la loro lavorazione (risanamento e/o ricostruzione) fuori opera o per sostituzione ex novo se non recuperabili, quali: targhe, connessioni idrauliche, fumaiuolo, duomo, vetri, respingenti anteriori e posteriori, lanterne anteriori e posteriori;

 

Fase 2 – attività di pulizia e restauro

  • Idrosabbiatura per asportare le vernici esistenti e individuare le parti in lamiera da stuccare, tagliare, sostituire;
  • Verifica e condivisione delle cromie della livrea originale della locomotiva n 1, con attenzione particolare ai dettagli per i quali ci si è avvalso di confronti su fotografici e ricerche documentali e relative a: scritte, accessori, rivestimenti;
  • Sostituzione, poiché irrecuperabili, di tutti i vetri, alcuni scheggiati e con evidenti microfratture, altri oggetto di precedenti sostituzioni, tali da non garantire alcuna sicurezza circa la loro durabilità, con superfici attuali;
  • Protezione di alcune parti specifiche della caldaia e della cassa carbone con lamine metalliche alcune rimovibili a testimonianza sia di interventi riparativi con tecniche del passato, sia protettivi come la copertura della cassa carbone;
  • Verniciatura a spruzzo in più mani, mediante vernici acriliche specifiche fino al raggiungimento dello spessore concordato con il fornitore/operatore (micron) della stessa livrea d’origine;

 

Fase 3 – integrazione impiantistica impianto elettrico

Attivazione di impianto elettrico autonomo per proporre l’accensione dei fanali anteriori e posteriori nelle ore notturne.
Installazione di un proiettore dedicato inserito nel circuito dell’illuminazione pubblica per la valorizzazione notturna della Locomotiva.

 

Il costo dell’intervento

Il quadro economico dell’intervento è stato il seguente:

PROGETTO DI SERVIZIO RESTAURO LOCOMOTIVA
A) Servizio eseguito dalla ditta SOCEB, compreso di IVA 22%

168.360,00
B) Somme a disposizione dell’amministrazione

 

Incentivi Funzioni Tecniche per il personale 2%
2.760,00

Spese per supporto al RUP, compresa IVA 22%
5.795,00

38.915,00 €

TOTALE
176.915,00 €

Otto mesi di realizzazione

La spesa è stata sostenuta dal Comune di Brescia anche grazie alla donazione di 60.441,35 euro da parte dell’associazione Palcogiovani odv .  Quale contributo per il restauro della Locomotiva n.1 “Prigioniera del falco d’Italia”. I tempi di realizzazione dell’intervento di restauro filologico sono stati complessivamente di otto mesi circa.

 

“L’intervento di restauro della Locomotiva n. 1 è stato molto complesso dal punto di vista tecnico e il suo buon esito è stato possibile grazie alla convergenza di diverse competenze e la disponibilità al dialogo di tutte le parti coinvolte – queste le parole della dott.ssa Silvia Massari Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia – .  Si è trattato davvero di un esempio virtuoso di collaborazione tra enti: il Comune in primis che ha messo tutte le proprie energie in questo progetto; la Soprintendenza che ha partecipato fornendo un orientamento all’intervento che, fin dall’inizio, si è pensato dovesse essere di tipo conservativo in senso stretto, decidendo di adottare, per il restauro di questo manufatto che non è di certo un bene artistico ma è un oggetto legato alla storia della tecnologia, gli stessi criteri e la stessa attenzione che vengono impiegati nel restauro dei beni artistici, dimostrando che tali modalità operative sono applicabili a qualsiasi tipologia di oggetto storico; il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, nella persona della dott.ssa Marianna Cappellina, che è stata individuata dalla Soprintendenza come la persona più adatta ad occuparsi della direzione operativa di questo cantiere e che ha messo a disposizione le sue grandi competenze in materia di conservazione dei manufatti di questo tipo e infine la ditta SOCEB di Brescia che ha dimostrato grande disponibilità e competenza.

“Questa tipologia di oggetti è entrata a far parte del gruppo di beni definibili come beni culturali, e quindi sottoposti a particolari disposizioni di tutela, abbastanza di recente. Fino all’entrata in vigore del Testo Unico del 1999 e del Codice Urbani nel 2004, la tutela del nostro patrimonio veniva esercitata dalle Soprintendenze secondo quanto disposto dalla legge 1089 del 1939 che includeva nei beni da tutelare solo le cose di interesse storico-artistico o archeologico. Già dagli anni Cinquanta però, con la redazione della Convenzione dell’Aja per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, il gruppo dei beni sottoposti a tutela iniziò ad ampliarsi comprendendo, per definizione, tutti i beni mobili e immobili di grande importanza per il patrimonio culturale dei popoli. Con la Commissione Franceschini, negli anni Sessanta, la definizione di bene culturale si modificò ancora includendo tutti i beni che costituiscono testimonianza materiale di civiltà. È grazie a questo percorso che oggi ci troviamo a discutere del restauro di una locomotiva a vapore, diventato monumento nazionale dopo più di cinquant’anni d’uso. La Locomotiva ci parla della storia del nostro territorio, in particolare della Val Camonica che ospitò la tratta percorsa da questo mezzo dai primi anni del Novecento alla fine degli anni Cinquanta. Fu un’infrastruttura fortemente voluta dai cittadini della valle, che vedevano nel nuovo mezzo tecnologico la possibilità di ridurre le distanze dal centro cittadino. Della faccenda si interessò molto, tra gli altri, Giuseppe Zanardelli, già dai tempi in cui era deputato locale. Prima della creazione della linea ferroviaria Brescia-Edolo erano necessarie fino a dodici ore per percorrere l’intera tratta che era servita, esclusivamente, da una diligenza trainata da cavalli. Con il nuovo mezzo a vapore su rotaie i tempi si ridussero a circa quattro ore. Quando nel 1961, per iniziativa del Club Fermodellismo Bresciano, si decise di trasformare la ormai vecchia locomotiva a vapore in un monumento dedicato alla tecnologia del passato, questa storia era ben nota, così come erano noti gli sforzi dei nostri nonni e bisnonni per ottenere ciò che oggi per noi è scontato. La Locomotiva n. 1 assume, in quest’ottica, un significato ulteriore rispetto a quello legato al suo essere un oggetto della tecnologia dei tempi passati, raccontandoci la storia di un popolo forte, in cerca di riscatto, di una società tanto diversa dalla nostra, che quelli più fortunati tra noi hanno avuto il privilegio di conoscere indirettamente, grazie ai racconti dei nostri anziani. Ecco come un oggetto della tecnologia può diventare un documento storico capace di evocare sentimenti ed emozioni profonde per chi ne conosce la storia, una storia che ci si augura continui ad essere raccontata ai bambini davanti alla Locomotiva del Castello”.

“Il presupposto di ogni restauro è il riconoscimento del bene oggetto d’intervento come bene culturale, si rende quindi sempre indispensabile conoscerne preventivamente la storia e valutarne il valore prima di procedere. Se si acquisisce questa sensibilità si riesce facilmente a comprendere come la finalità di un intervento di restauro non sia quella di riportare l’oggetto “all’antico splendore”, come spesso si legge sui giornali, ma piuttosto quello di conservare al meglio quanto dell’oggetto è giunto fino a noi, compresa la sua storia, con grande rispetto delle cicatrici che il tempo ha posto sulla materia, perché sono proprio queste che ci parlano di quanto è accaduto”.

 

Le parole di Marianna Cappellina

“Il restauro della locomotiva storica di Brescia ha rappresentato un intervento tecnico e metodologico complesso, fondato sul riconoscimento del valore culturale del bene – queste le parole della dott.ssa Marianna Cappellina del Museo Nazionale della scienza e tecnologia Leonardo Da Vinci di Milano –  Non un semplice “recupero estetico”, ma un atto consapevole di conservazione scientifica applicata a un oggetto tecnico-industriale. L’approccio ha trasferito i principi del restauro “artistico” — reversibilità, minima invasività, riconoscibilità — al contesto dei beni tecnico-scientifici. Si è evitata la sostituzione arbitraria: ad esempio, le lastre metalliche non sono state raddrizzate ma integrate, i perni ricostruiti con fedeltà, le vernici selezionate per equilibrio tra resa estetica storica e durabilità contemporanea. Ogni intervento è stato documentato e calibrato, incluse le strutture interne reversibili come le reti metalliche o la vasca posteriore di raccolta acqua. Il progetto metodologico, richiesto dalla Soprintendenza e sviluppato nell’ambito delle azioni dell’Osservatorio sul Patrimonio Scientifico e Tecnologico del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia, ha evidenziato l’importanza di un dialogo interdisciplinare tra tecnici, storici e progettisti, e ha reso la locomotiva un documento vivo della storia della tecnica e dell’identità collettiva urbana”.