Abio cerca urgentemente volontari per la pediatria
Un appello per cercare nuove leve disposte ad alleviare il trauma dell'ingresso dei più piccoli in ospedale
Il servizio dedicato ai piccoli pazienti dell’ospedale della città (e ai loro genitori) purtroppo fatica a raccogliere «nuove leve» che vogliano mettersi in gioco e d’impegno per non far scomparire questa splendida realtà che si occupa aiutare a superare l’impatto con il ricovero.
Abio cerca urgentemente volontari per la pediatria
Abio Manerbio ha urgentemente bisogno di nuovi volontari per poter ripartire. Il servizio dedicato ai piccoli pazienti dell’ospedale della città (e ai loro genitori) purtroppo fatica a raccogliere «nuove leve» che vogliano mettersi in gioco e d’impegno per non far scomparire questa splendida realtà.
Abio da sempre aiuta i bambini a superare l'impatto con l'ospedale attraverso il gioco, l'ascolto, il sorriso garantendo ambienti a misura dei piccoli pazienti: «I bambini ci aspettano!» queste le parole che campeggiano sulla locandina che promuove la partecipazione ai corsi di formazione dedicati al mondo del volontariato nell’ambito pediatrico dell’Ospedale cittadino. L’appuntamento informativo è per mercoledì prossimo, 30 ottobre, dalle 16 e 30 alle 19. Il primo incontro, una sorta di prima infarinatura, si svolgerà nell’aula magna Franceschetti: si illustreranno struttura, scopi, attività dell’associazione e requisiti del volontario Abio.
Lo scopo principale di questa realtà di volontariato è quello: «Al pari delle cure mediche, di garantire al bambino l'accoglienza e ai genitori un servizio che possa dirsi specifico tanto per i più piccoli quanto per gli adolescenti». Insomma un modo per aiutare a vivere, a tutto tondo, un’esperienza il più possibile tranquilla e positiva all’interno della struttura per un bimbo e per i genitori che lo accompagnano. Sia che il ricovero duri poche ore o che abbia un’entità più impegnativa.
Il gruppo Abio
Abio Manerbio è nata il primo marzo del 2010 per promuovere l’umanizzazione dell’ospedale e, purtroppo, a causa del Covid, non è stato possibile festeggiarne il decennale. La pandemia di fatto ha creato un grande stacco tra le attività organizzate negli anni dai tanti volontari, attività che hanno subito una forte battuta d’arresto, che ha causato anche l’emorragia di persone disposte a mettersi in gioco in questo fondamentale ambito.
Ecco perché l’appello della presidente Paola Cividati si è fatto in questi mesi più profondo e necessario: «Siamo da sempre dalla parte dei bambini - ha detto convinta - Sarebbe un grandissimo peccato non riuscire a portare avanti le nostre attività per mancanza di volontari».
Ma di cosa si occupa Abio?
L’attività dei volontari Abio si rivolge sempre al bambino e ai suoi genitori, lo scopo è quello di ridurre al minimo il potenziale rischio di trauma che ogni ricovero presenta, collaborando con le diverse figure operanti in ospedale per attuare, ciascuno nel proprio ruolo, una strategia di attiva promozione del benessere del bambino. Insomma: una certa terapia, una medicina o una permanenza a letto obbligata possono diventare più semplici se accanto al bimbo c’è un volontario del quale si fidi ad «indorare» la pillola e fare la magia. I corsi di formazione per nuovi volontari sono dedicati a persone dai 18 anni compiuti ai 65, il turno in reparto è di 3 ore mattino o 3 ore al pomeriggio. I volontari operano sempre in coppia, dopo essersi confrontati con la caposala di turno entrano in punta di piedi nelle stanze di degenza e illustrano le proprie attività, invitando i bimbi in sala giochi, ma anche garantendo attività ai piccoli che non si possono spostare dalla loro stanza.
Ma i volontari Abio fanno molto di più: «Si tratta in un’accoglienza fatta di tanto ascolto e non solo un modo per far passare il tempo alle famiglie che si trovano in ospedale: il volontario prima di tutto deve essere un sostegno e non deve mai permettersi di superare la soglia che è la cura, ma rappresentare un supporto: il 90 per cento è ascolto, il 10 per cento espressione, sappiamo bene dove siamo e come ci dobbiamo comportare, così come quali siano le parole giuste da dire per normalizzare situazioni di agitazione o disagio».
Negli anni sono state molte le donazioni coordinate del gruppo: realizzate da singoli donatori e aziende anche per reparti diversi dalla pediatria, come l’allestimento della sala attesa otorino per più piccoli, l’acquisto di libri e materiale educativo, giochi montessoriani interattivi a parete in legno, fasciatoi termici nell’accoglienza per ostetricia o le «coperte di mamma e papà» a servizio dei genitori perché in alcuni casi si trovano a trascorrere intere notti accanto ai loro piccoli malati. In questo stesso ambito sono state donate anche delle poltrone letto molto, molto apprezzate per affrontare le lunghe degenze. Ma qual è la vera missione di un volontario
Abio? Lo abbiamo chiesto proprio alla presidente Cividati:
«Credo sia prima di tutto comprendere quale sia il disagio di un bambino che si trova a fare i conti con il dolore fisico per la prima volta, con il distacco da casa e dagli amici: l’ospedalizzazione è un trauma, sia per quanto riguarda patologie significative e lunghe nel tempo ma anche per un incidente che può risolversi in poco tempo. Stare dalla parte dei bambini, sempre e cercare di avere la loro sensibilità e vivere la loro emozione. Non c’è razionalità nel bambino non puoi pensare che possa ragionare come un adulto, non lo è in condizioni di normale buona salute e non lo è, a maggior ragione, in condizioni straordinarie - ha spiegato - Anche quello a cui possono assistere durante il ricovero può essere impegnativo, magari perché il bimbo accanto a loro sta male, e ancora la percezione della preoccupazione dell’adulto».
I volontari infatti si occupano di dare indicazioni anche pratiche al genitore e di supportarli anche in quelle che possono sembrare delle banalità: prendersi un caffè o fare una telefonata:
«Siamo un sostegno al di là di infermieri e medici che hanno impegni ben precisi: facciamo un qualcosa che solo il volontario può fare in quel momento - ha continuato - La cura lo sappiamo bene è psicofisica: la percezione di un benessere non è solo data dall’esito di una cartella clinica, in questo ambito i bambini condividono la stessa esperienza con altri e creano dei legami».
Così tra un disegno ed un lavoretto spuntano diversi kit per giocare, decorazioni a tema in ogni periodo dell’anno, doni da Babbo Natale, Santa Lucia e Befana, ma non solo.
«Vorrei a tal proposito ringraziare tutti i volontari e le volontarie che in questi anni hanno permesso ad Abio di entrare nella loro vita, che si sono avvicendati nello svolgimento del servizio in reparto, portando con sé il proprio sorriso: ognuno a modo proprio, ma tutti con la stessa maglia e consapevoli di una missione comune» ha sottolineato la presidente.
Come reagiscono i genitori?
«Sono sempre piacevolmente sorpresi e non sono mancati i regali di ringraziamento per il nostro operato - ha spiegato - Spesso i genitori sono stupiti del fatto che si possa usufruire di un servizio del genere».
Lo scopo di Abio è quello di rendere gli ospedali a misura di bambino e la presidente di Manerbio ne è una convinta sostenitrice e possiamo dire «veterana» di queste numerose attività, un entusiasmo che non diminuisce nel tempo perché è forte la consapevolezza di quanto giochi un ruolo importante nella comunità:
«Sono nel gruppo da molto e devo dire che quando incontro qualche ragazzo per Manerbio con il quale ho vissuto momenti brevi o lunghi sentire “Ciao volontaria!” mi dà sempre una grande emozione. Non poter garantire questo servizio sarebbe un peccato e uno smacco per la cultura del benessere, una cosa dovuta per una comunità che si possa chiamare tale».
Insomma, la chiamata è aperta a tutti: l’appuntamento, lo ricordiamo, è giovedì 30 ottobre dalle 16 e 30.