Confapi Brescia: "La ripresa dell'export tedesco è una buona notizia per l'Italia"
Se la globalizzazione è in crisi, il commercio globale lo è di meno
Confapi Brescia: "La ripresa dell'export tedesco è una buona notizia per l'Italia".
Il punto di vista
A dirlo è Andrea Muratore analista di Confapi Brescia partendo dalla premessa che la globalizzazione è si in crisi ma il commercio globale lo è di meno. In tale quadro sembra che l'Italia riesca a trovare una finestra di opportunità. Un dato, in particolare, caratterizza l'inizio del 2024: si tratta dell’aumento dei commerci rispetto alle aspettative dopo la flessione del 2023 quando, secondo tutti gli osservatori, il commercio globale è sceso di circa l’1% a 31 trilioni di dollari. Fmi, World Economic Forum e Ocse prevedono, rispettivamente, una crescita del 3%, del 2,6% e del 2,3% nell’anno in corso.
«Per l’Italia - nota Andrea Muratore, analista di Confapi Brescia - questa è una notizia importante, specie se collegata a un dato fondamentale: la ripartenza dell’export tedesco, nell’ultimo trimestre cresciuto del 3,2%. La resilienza del nostro primo partner commerciale, non priva di criticità, ci fa gioco e può valorizzare un contesto che ha visto l’Italia aumentare del 70% nell’ultimo quindicennio le sue esportazioni, a oltre 620 miliardi di euro».
In quest’ottica,
«l’Italia potrà potenzialmente gestire questa fase di rinnovato dinamismo commerciale dovendo evitare una preoccupazione che invece spetta alla Germania - descrive Muratore -. Berlino ha un problema: dopo la fine della dipendenza energetica dalla Russia, ora deve affrontare la sfida del decoupling dalla Cina, con la cui industria è nettamente integrata. E, dato che ci troviamo in un contesto con più commercio e meno globalizzazione -continua Muratore – emerge, per Berlino, la necessità di ristrutturare maggiormente le sue catene del valore sulla scia delle tensioni geopolitiche globali e dei cambi di paradigma dettati da sanzioni internazionali sulla tecnologia, da nuove rotte delle materie prime e dell’energia e dalla fine della stagione delle delocalizzazioni massicce verso l’Estremo Oriente».
Problemi che non appartengono all'Italia secondo l'analista
«Ad esempio – descrive l’analista -, la Germania vede profondamente modificate le sue relazioni commerciali con la Cina a causa della sua rivalità con gli Usa, divenuti, nel trimestre passato, primi partner di Berlino, con 68 miliardi di dollari di interscambio contro i 60 della Cina. L’Italia non ha di questi problemi. Il suo principale mercato di sbocco è quello tedesco, ma non c’è una dinamica di dipendenza strutturale da Berlino». Il nostro Paese, infatti, «si posiziona in un contesto di produzione a valore aggiunto medio e medio-alto – afferma Muratore -, potendo contare, al contempo, su reti di forniture mediamente più corte e che hanno nell’estero vicino, dalla Polonia alla Turchia, dalla Serbia all’Ungheria passando per l’Albania, la prima linea di delocalizzazione e catena del valore» spiega Muratore.
«Duttilità e filiere corte, unitamente a una postura geopolitica e geoeconomica che evita ogni rapporto di dipendenza strutturale - ragiona l’analista -, rendono l’industria nazionale adatta a un tempo di cambiamenti in cui sarà la flessibilità il concetto chiave, caratteristica intrinseca delle PMI nazionali, cuore della manifattura nazionale». «Serve fare sistema - conclude l’analista - per consolidare un contesto che ci ha visti salire dal decimo al quinto posto nelle classifiche dell’export globale senza necessità di rivoluzioni copernicane in ambito produttivo e industriale».
In evidenza un'immagine d'archivio.