«Ogni anno dobbiamo rivendicare i nostri diritti»

«Ogni anno dobbiamo rivendicare i nostri diritti»

Il centro non vedenti da eccellenza bresciana rischia di scomparire. E’ questo l’allarme lanciato da Raffaella Giubellini, una mamma che, come tante altre, negli anni ha dovuto lottare non poco per assicurare a sua figlia Cristina, ora 17enne, il diritto allo studio. Non bastassero le difficoltà all’ordine del giorno che un’adolescente cieco può avere nel recarsi a scuola, a questo si aggiunge la rivoluzione introdotta dalla cancellazione delle province e dal conseguente passaggio di competenze alla Regione.

«Il centro, unico in Italia per la consulenza specializzata e personalizzata in base alle esigenze – ha spiegato – sarebbe dovuto diventare un modello pilota da esportare. Prima veniva finanziato per il 75% dalla Provincia e per il 25% dal Comune di Brescia. Ora, con il riordino della competenze, è venuta a mancare la certezza dei fondi».

Per quest’anno Regione Lombardia ha trovato in extremis i fondi per salvare il centro non vedenti di viale Piave, i consiglieri bresciano hanno firmato un emendamento pari a 1 milione 250mila euro, che però lascia ancora un grande punto di domanda sul futuro del centro. «Chiediamo che il centro continui ad essere un’eccellenza bresciana – ha continuato la mamma – per questo una soluzione “pezza” non è abbastanza, chiediamo alle istituzioni di arrivare ad una soluzione definitiva».

A destare preoccupazione anche la riduzione delle ore di assistenza ad personam che, secondo le linee guida della Regione, passano da 16 a 10. «Mia figlia già adesso è costretta a frequentare meno delle ore che dovrebbe frequentare. Già ha un orario ridotto a 24 ore, di cui 19 totali con l’insegnante di sostegno, ma per le restanti ore non può stare da sola, quindi ne frequenta meno. L’anno scorso tra l’altro l’insegnante di sostegno è arrivata a fine novembre. Questa situazione è gravissima perché viene a mancare davvero il diritto allo studio. Ogni anno con gli altri genitori dell’Associazione Bambini in Braille dobbiamo rivendicare di aver riconosciuto i nostri diritti, questa situazione mi sfibra a tal punto di dover pensare che sia un sollievo che le manchino solo tre anni di studio, ma non dovrebbe essere così».