Errori e ritardi durante il parto: ostetrica condannata a risarcire l'Asst
In base alla sentenza della Corte dei conti dovrà versare mezzo milione di euro. Assolta invece la ginecologa
Nel dicembre 2015 un bimbo nacque all’ospedale di Chiari con gravi patologie derivate dal parto. Tra dicembre 2018 e gennaio 2019 i genitori del piccolo avevano ricevuto dall’Asst Franciacorta un risarcimento pari a 1.659.434 euro (di cui 1.550.000 euro per il danno biologico e 109.434 per le spese legali). Ora, a distanza di otto anni dai fatti, la Corte dei conti è stata chiamata a esprimersi sulle responsabilità della ginecologa e dell’ostetrica che hanno seguito la partoriente. E se la Procura aveva chiesto per entrambe la condanna, per colpa grave, alla rifusione di un danno erariale, il verdetto è andato in un’altra direzione: la prima è stata assolta e la seconda condannata a pagare all’Asst mezzo milione di euro.
Errori e ritardi durante il parto
Nell’ottobre 2019 la Procura regionale aveva citato in giudizio il medico ginecologo e l’ostetrica di turno quella sera (nel dicembre 2015) al presidio ospedaliero di Chiari. Per entrambe si chiedeva la condanna, a titolo di responsabilità per colpa grave, alla rifusione del danno erariale causato alla Asst Franciacorta pari a 1.659.434 euro. Una richiesta che era basata sui risultati di alcune perizie e ravvisava ritardi ed errori inescusabili che hanno provocato la paralisi cerebrale infantile e lesioni permanenti al nascituro.
Disposta una Ctu
Il collegio giudicante, riunitosi il 7 luglio 2021, aveva però rilevato profili tecnici controversi e aveva deciso di disporre una Ctu, individuando nell’Ufficio del medico legale del Ministero della salute l’organo deputato a rilasciare il parere. La relazione dell’Uml è stata rilasciata il 28 aprile 2022: in conclusione, sono stati esclusi elementi di colpa, sia lieve che grave, a carico della ginecologa, mentre è stata rilevata “imperizia inescusabile” nella condotta dell’ostetrica, che non avrebbe interpretato correttamente i tracciati cardiotocografici. E’ stata dunque convocata una nuova udienza il 23 novembre 2022 ed entrambe le professioniste hanno depositato ulteriori memorie difensive.
Assolta la ginecologa, condannata l'ostetrica
Il collegio giudicante ha sostanzialmente accolto le conclusioni del Ctu, evidenziando che quella sera intorno alle 21.20 la ginecologa, praticando l’amnioinfusione, aveva agito correttamente e riportato i parametri alla normalità. Questo non richiedeva più la sua presenza costante. Alle 22.23, tuttavia, il Ctg risultava nuovamente preoccupante e dunque l’ostetrica avrebbe dovuto segnalare la situazione al medico di guardia. Cosa che invece non sarebbe stata fatta. Per la Corte dei conti per la ginecologa non si profila l’elemento soggettivo della colpa grave, semmai una colpa lieve per non essersi sincerata in modo spontaneo dell’andamento del travaglio tra le 22.30 e le 23.45 (quando è iniziata la fase espulsiva). Secondo la ricostruzione del collegio, il medico non è stato messo a conoscenza del peggioramento della situazione e quando finalmente è stato chiamato a intervenire (appunto alle 23.45), era troppo tardi per impedire il danno. Da qui dunque l’assoluzione per la ginecologa. Diversa invece, secondo la Corte, la posizione dell’ostetrica, ritenuta responsabile con i suoi errori, omissioni e ritardi nella gestione del travaglio delle gravi lesioni al nascituro. In particolare, l’ostetrica non avrebbe interpretato correttamente il tracciato Ctg, compito che rientra nella pratica routinaria della sua figura. La professionista, nelle sue memorie, si è difesa sostenendo di aver informato la dottoressa intorno alle 22.30 del tracciato preoccupante: una circostanza che però non trova alcun riscontro nel diario clinico. Per questo l’ostetrica è stata condannata.
Dovrà risarcire mezzo milione di euro
Per quanto riguarda l’ammontare del danno, il collegio ha ritenuto di non poter imputare l’intera somma all’ostetrica per la sussistenza di una colpa lieve della ginecologa, per la rilevante entità della somma rispetto al trattamento economico a lei riconosciuto, per la mancanza di precedenti negativi nella sua vita lavorativa e per la mancata predisposizione da parte della Asst di una copertura assicurativa in grado di esporla in misura meno consistente al rischio. Perciò la Corte dei conti l’ha condannata al pagamento di 500mila euro, pari a circa il 30% di quanto pagato alla Asst ai genitori del piccolo.