La rabbia degli allevatori colpiti dall'influenza aviaria

Si sentono abbandonati e scoraggiati gli allevatori avicoli della Bassa colpita da una grave epidemia di influenza aviaria

La rabbia degli allevatori colpiti dall'influenza aviaria
Pubblicato:

Lo sfogo di alcuni allevatori avicoli

A mettersi le mani nei capelli e a non dormire la notte sono gli allevatori avicoli della zona che incrociano le dita sperando che non capiti proprio a loro. Cancelli chiusi, ingressi sbarrati e obbligo di disinfezione per chiunque si avvicini, per scongiurare l’arrivo del virus. Mentre chi ormai si trova i capannoni già vuoti, non può far altro che aspettare che l’emergenza passi per poter riprendere a lavorare. Si perché, il problema oltre all’abbattimento dei capi che comporta danni ingenti e mesi di lavoro andati in fumo, è quello del divieto di ripopolamento che impone mesi di stop agli allevamenti. Si parla già di marzo o aprile 2018: fino ad allora i capannoni dovranno rimanere vuoti e la produzione ferma. Uno spettro che spaventa gli allevatori, tra i quali c’è chi ricorda perfettamente gli anni 1999 e 2000, quando l’epidemia costrinse ad uno stop di un anno e ad attrezzarsi per adeguarsi alle nuove normative in materia di igiene.

Capannoni vuoti e danni ingenti

Ma tra di loro c’è anche chi, a torto o a ragione ma sicuramente mosso da buon senso di vedere la propria attività in crisi, critica la scelta di procedere all’abbattimento a tappeto anche degli animali sani. In questo modo si vanno a decimare gli animali che solo potenzialmente potrebbero essere stati infettati e veicolo per l’infezione.
"Perché non ci autorizzano a portarli al macello prima della data prevista? E’ carne sicura e controllata al cento per cento, non ci sono rischi per la salute umana. I tamponi sono negativi. Perché non ci dicono di consegnare prima, magari animali anche più piccoli e non ancora pronti per essere macellati, piuttosto che essere uccisi?" hanno detto alcuni allevatori. Senza contare che ad essere eliminati non sono solo gli animali infetti ma anche le uova, nel caso di galline ovaiole o riproduttori. Coloro che producono uova, si trovano con decine di migliaia di uova ristoccate nei magazzini, che non possono essere vendute ne trasportate. L’unico viaggio che possono fare è quello, su indicazione dell’Ats, verso l’inceneritore per la loro distruzione. Molte migliaia sono già state distrutte e sugli scaffali dei supermercati campeggiano dei cartelli che spiegano l’assenza del prodotto.

Emergenza mal gestita

"Al di là dell’abbattimento per noi è che ci sentiamo abbandonati, ci stanno abbandonando. Non c’è tempestività da parte del distretto, non c’è potere decisionale e non capiamo come la Regione si stia muovendo. - hanno spiegato - Non sappiamo se riceveremo gli indennizzi per i danni diretti e indiretti causati da questo virus. Molti di noi hanno mutui e debiti da pagare, quindi il mancato guadagno di questi mesi ci mette in ginocchio". Ma le avvisaglie di questa epidemia si avevano già molti mesi fa, in primavera. "Si è arrivati troppo tardi, quando ormai il virus era già qui. Inoltre non si è tenuto conto del caldo anomalo di queste ultime settimane che ha favorito il proliferare della malattia.  Si sapeva che prima o poi, nonostante le precauzioni, sarebbe arrivato anche qui, ma speravamo che fosse preso in tempo e non riuscisse a dilagare. Invece i tempi per i tamponi e le verifiche del caso sono troppo lunghi e nel frattempo il virus ha tutto lo spazio per diffondersi a nostra insaputa" hanno concluso.

Seguici sui nostri canali