TESTIMONIANZA

"Umani prima che professionisti": la testimonianza di un'infermiera in un reparto Covid

Carolina Franzosi ha 28 anni e come centinaia di colleghi è in prima linea ogni giorno nella lotta contro il virus.

"Umani prima che professionisti": la testimonianza di un'infermiera in un reparto Covid
Pubblicato:
Aggiornato:

"Siamo tutti umani prima di essere professionali": la testimonianza di un'infermiera in un reparto Covid. Carolina Franzosi ha 28 anni e come centinaia di colleghi è in prima linea ogni giorno nella lotta contro il virus.

"Siamo tutti umani prima di essere professionali": la testimonianza di un'infermiera in un reparto Covid

“Sono un’infermiera di 28 anni che in questo momento lavora in un reparto Covid”. A parlare èCarolina Franzosi, infermiera alla Poliambulanza di Brescia. Ha voluto condividere la sua testimonianza rispetto a questo periodo in corsia.

Eravate preparati a una simile situazione?

“Noi infermieri siamo preparati all'emergenza, ma mai avrei creduto di doverne affrontare una simile. Subdola, silenziosa e non tangibile. Passare ore e ore chiusi in un reparto che non si ferma mai, con la mascherina che ti stringe e non ti lascia respirare, che ogni ora che passa crea solchi sul tuo viso, con gli occhiali che stringono e che si appannano ad ogni respiro, la cuffia che ti tira i capelli e il camice che ti fa sudare ogni ora di più. Ma in questi momenti tutto questo passa in secondo piano, perché devi metterci tutta te stessa per esserci per coloro che ora stanno male. Devi esserci in tutto e per tutto: chi chiama per l'infusione terminata, chi per la padella, chi per il monitor che suona, chi è attaccato ad un respiratore, chi sta peggiorando, chi non ha più pazienza di stare rinchiuso in un posto che non ama o rinchiuso in una maschera che lo stringe... e come fai a fargli capire di resistere, di non mollare, di tenere duro quando hanno davanti a loro la grande paura di morire?

Come vive i giorni in prima linea?

"In questi momenti capita di scambiare uno sguardo coi colleghi, uno sguardo che significa: ci siamo dentro, ma ci siamo insieme. Quando hai tra le mani la vita delle persone non esistono più rancori, i tuoi colleghi sono il prolungamento delle tue braccia, dei tuoi pensieri, del saper fare e del saper essere. Sto imparando tanto da questa terribile esperienza, come ho sempre fatto nella mia vita, cerco di trarne insegnamento. Ci segnerà, mi segnerà. Non saremo più come prima, ma secondo me saremo meglio. Sono passati quasi 7 anni dalla mia laurea e dall'inizio della mia carriera da infermiera, lo rifarei? Si, risceglierei il mio lavoro cento volte e in questo momento non vorrei essere altrove se non li, sul fronte a fare la mia parte per questa terribile guerra che continua instancabile e intramontabile la sua lunga corsa”.

Hai assistito a "casi particolari"?

“Me li ricordo tutti, saranno decine e decine i pazienti che sto vedendo in queste settimane, forse ho superato  i cento. Me li ricordo tutti, ogni singola persona è entrata dentro di me. C'è chi ce l'ha fatta, chi ha preso il corridoio del reparto con le proprie gambe ed è uscito per tornare a casa. C'è chi sta aspettando un posto in un'altra struttura perché non è ancora arrivato il suo momento per tornare a casa. C'è chi sta lottando e non vuole arrendersi. C'è chi non ce l'ha fatta. Purtroppo c'è chi ha deciso di togliersi la maschera perché non ce la faceva più e se n'è andato. Ricordo come se fosse ieri un signore, letto 12B, a cui ho dovuto togliere il ventilatore perché non stava facendo nessun effetto e rimettergli la mascherina. Dopo due giorni è morto. O la prima notte nel reparto Covid con il Sig. Franco (di 72 anni). Era attaccato al ventilatore, una macchina che aiuta a respirare, che in alcuni momenti si sostituisce completamente alla persona con una maschera credo insopportabile. Mi ha chiesto tutta notte di togliergliela, perché voleva morire. Era lucido, lucidissimo. Lui attaccato a quella macchina non ci voleva stare, lui voleva morire. Ti senti impotente davanti a queste situazioni”.

Come è cambiata la tua routine?

“In soli pochi giorni la mia routine quotidiana è cambiata completamente. Ora vado al lavoro, mi metto la divisa e poi, prima di entrare in reparto, inizio ad aggiungere ‘accessori’ che ci rendono irriconoscibili, ci tolgono il fiato, ci fanno sudare, ci lasciano segni per ore, e inoltre inibiscono i nostri bisogni primari, tra cui bere o semplicemente andare in bagno. Ebbene si, perché una volta armata di camice, calzari, doppi guanti, cuffia, mascherina e occhiali protettivi, non è così facile svestirsi e rivestirsi. È una procedura che richiede troppo tempo, e si ha paura di fare un ‘passo falso’, che può mettere a repentaglio il duro lavoro e aumentare il rischio di contagio. Al lavoro abbiamo scritto i nostri nomi sui camici e ci riconosciamo dagli occhi o dal tono di voce; insomma, la mia routine quotidiana è cambiata completamente come quella di tutti i miei colleghi, i disagi sono tanti ma non ho mai sentito nessuno lamentarsi. Così, armati di ‘corazza e speranza’ cerchiamo di vincere questa lotta contro il Covid-19.

C'è tanta paura, ma anche speranza: cosa vuoi dire a pazienti e lettori?

“Vorrei abbracciare ogni familiare di ogni paziente che sta lottando o che ha lottato, che ha affrontato la paura e la solitudine. Vorrei non essere mai un parente di quelli che sento al telefono. Vorrei dirgli che tutti, ma proprio tutti si stanno impegnando al massimo per vincere la partita più difficile, per salvare ma che spesso ne usciamo a occhi bassi. Vorrei dire che siamo tutti umani prima di essere professionali, e prendere determinate decisioni è la cosa che si sta rivelando più difficile. Lasciamo perdere i dolori e i segni fisici che ho, quelli passano, lasciamo perdere anche la fame, la sete e i bisogni primari, a quelli ci si abitua. Lasciamo perdere lo stress, le corse e gli sforzi, a quello ci si abitua. Ma alla morte non ci si abitua, mai. Cerco di non lamentarmi troppo, io come i miei colleghi, quindi per favore fatelo anche voi. E fate delle regole e dei comunicati ufficiali il vostro credo”.

TORNA ALLA HOME PAGE

Seguici sui nostri canali